venerdì 27 dicembre 2013

La Sardegna dopo gli Aragonesi e gli Spagnoli nel settecento passa sotto altri dominatori.

di: Angelo  Vinci                                                                                       

Regno di Sardegna nel 1.720 sotto i Savoia
Dopo quattro secoli dalla fine dei Giudicati, che furono per la Sardegna l' unico periodo di piena indipendenza, inizia un nuovo periodo assai travagliato che ha come live motive  il continuo cambio di padroni. Padroni è un brutto termine, ma la Sardegna fu considerata specie nei primi anni del settecento come merce di scambio. Tutti i passaggi di mano ebbero inizio a seguito della guerra di successione al trono Iberico. Nel primo ventennio del 1700 passo di mano ben tre volte: Impero Asburgico, Regno di Spagna e infine Principato di Savoia. Non è che questo sia avvenuto solo in Sardegna. In quel periodo storico  si scambiavano i possedimenti con facilità senza curarsi minimamente dei disaggi procurati alle popolazioni. I Savoia  poterono fregiarsi del titolo di Re proprio in virtù di uno scambio. In Spagna la guerra per il trono inizio quando mori Carlo II l' ultimo discendente degli Asburgo del ramo spagnolo. Carlo II non lascio  eredi ma  designo  suo erede Filippo di Borbone duca d' Angiò e nipote di sua sorella. Carlo II era sopranominato "lo stregato" in quanto la sua salute cagionevole la imputavano ad una "fattura". In realtà era il risultato dei matrimoni tra consanguinei assai frequenti nella casata degli Asburgo . Questa consuetudine  era finalizzata ad evitare che i possedimenti della casata non si frazionassero troppo tra diversi proprietari. A dire il vero era una pratica in uso in tutte le  casate regnati ma tra gli Asburgo è assai abusata. Un aspetto importante relativo alla designazione di Filippo fu la clausola posta da Carlo II che prevedeva  la  rinuncia da parte di Filippo al trono di Francia.
Carlo II di Spagna
La designazione di Filippo sollevo  timori nelle  potenze europee del tempo: Austria, Olanda, Inghilterra, Portogallo e Principato di Savoia. Questi timori spinsero queste potenze a  coalizzarsi. Carlo d' Asburgo nel 1703 a Barcellona si fa proclamare Re di Spagna. La Sardegna come visse questo periodo ?. La guerra di successione al trono iberico al contrario di quanto avvenne altrove, non vide la Sardegna e il suo territorio interessata ad operazioni militari degne di essere menzionate. No altrettanto si può dire sul piano politico-sociale  economico. L' economia conobbe un periodo di difficolta legata soprattutto a blocco navale posto in atto dagli alleati anglo-austriaci. Questo blocco accentuo maggiormente le difficolta di collegamento verso l' esterno già precarie di perse in conseguenza dell' insularità.  In Sardegna la guerra di successione venne vissuta dalla nobiltà in modo diverso e si  crearono   due fazioni che si schierarono a favore dell' una o dell' altra parte. Le due fazioni facevano capo una alle famiglie Aymerich e Castelvì che sosteneva Filippo V, mentre l' altra faceva capo alla famiglia Aragon e al marchese di Villasor e sosteneva Carlo d' Asburgo. Nella popolazione aumentò  il senso di frustrazione e di rabbia per le vessazioni a cui era sottoposta. La Sardegna nell' anno 1708 passa in mano austriaca dopo che un furioso bombardamento navale  operato da una flotta anglo/olandese comandata dal britannico Laeke permise all' imperatore  austriaco di annettere  anche la Sardegna. Questo nuovo stato di cose e  la presenza a Cagliari del nuovo viceré austriaco, fa fuggire in Spagna tutti coloro che avevano appoggiato Filippo V re di Spagna. La maggior parte di questi esuli forzati era costituita da nobili o maggiorenti delle citta. Guidati da Vincenzo Bacallar tentarono di scacciare gli austriaci con lo sbarco di una flotta nei pressi di Olbia ma il tentativo falli miseramente. Nei successivi cinque anni la Sardegna non è al centro ne di operazioni militari ne di operazioni di scambio di territori tra i regnanti europei. Il malessere delle popolazioni locali nonostante ciò non si attenuo, ma al contrario aumento. Riprese  a rinvigorirsi  un fenomeno che già dai primi anni del secolo aveva iniziato a destare preoccupazione. Questo fenomeno era il banditismo. Il banditismo fu un fenomeno sociale negativo già nel periodo giudicale. Il tale periodo vi fu una riduzione del fenomeno solo durante la reggenza della giudicessa Eleonora d' Arborea, la quale riuscì ad attuare un maggior controllo delle zone rurali  aiutata anche dall' emanazione di un codice di leggi la "Carta de Logu" ,  che introduceva pene più severe per i furti, e le rapine: IS FURAS . Vorrei spendere due parole per descrivere il fenomeno del banditismo nella Sardegna medievale e post medievale. Occorre partire  da un' analisi della società rurale di quei tempi, per capire il perché fu un fenomeno  difficile da combattere. Alle radici del banditismo e delle varie forme di criminalità diffuse nelle campagne stavano motivi di ordine economico, sociale e culturale che non potevano essere eliminati con l'intervento militare, con gli arresti, con le condanne penali. Nelle popolazioni rurali era  radicata l'idea che la figura del bandito, fosse quella del  vendicatore di ogni torto e vessazione subita ad opera dei nobili e dei potenti. Accadeva talvolta che i banditi venissero quasi protetti dalla popolazione che in loro vedevano un mezzo per far pagare ai nobili e ai  potenti i torti subiti. In effetti il bandito tendenzialmente eseguiva i propri atti "fuorilegge" più verso i nobili e i potentati,  che verso la povera gente. La prepotenza che i singoli feudatari e i signorotti perpetravano sistematicamente nei confronti della popolazione non aveva limiti. Non dobbiamo dimenticare che il feudalesimo in concomitanza di uno stato di povertà assoluta e diffusa, esponeva la povera gente maggiormente ai soprusi e alle angherie dei feudatari. Ma tralasciamo il fenomeno del banditismo e continuiamo esporre la situazione della Sardegna durante questi continui cambi di "proprietà". Gli austriaci  divennero  i possessori dell' isola sarda, e si potrebbe pensare che apportarono cambiamenti significativi nella politica, nell' economia e nella cultura. Assolutamente no. I sardi quasi non si accorsero nemmeno del cambio di "proprietà". Una cosa però a onore del vero l' austriaco dominatore fece: aumento la pressione fiscale e l' esportazione del grano facendo diminuire la disponibilità di questo prezioso bene alle categorie sociali meno abbienti. Il sistema di governo non muto, rimasero gli Stamenti e la Reale Udienza. Una novità fu l' istituzione di una nuova figura istituzionale:  l' Intendente Generale per la finanza e l' economia. In tema di tasse fu introdotto il sistema dell' esazione delle tasse a mezzo di "appalti" affidati a privati. Venne introdotta una tassa sul tabacco la "gabella del tabacco". Il tabacco era una coltura agricola preminente (come lo fu fino al secolo scorso) specie nel Sassarese. Questa fu una tassa di impronta coloniale. Altro fatto nuovo fu la creazione della Regia Azienda del Tabacco con sede ad Alghero dove veniva lavorato, conservato e se ne effettuava la vendita. Questo luogo veniva chiamato "Estanco" o "Stancu". Ancora oggi in lingua sarda la rivendita dei tabacchi viene indicata con "Stangu" o "Istancu". Con questo assetto la Sardegna rimase sotto il controllo degli austriaci fino al 1717. Nel Luglio di  questo anno la Spagna si riprese la Sardegna con una spedizione navale che sbarcata nei pressi di Quartu, si attesto poi sul colle di Monte Urpinu e assedio il castello di Cagliari. Gli austriaci sottoposti ad un continuo e sostenuto bombardamento capitolarono. Il viceré lascio Cagliari assieme a buona parte del suo entourage. Fini ingloriosamente la dominazione austriaca della Sardegna da parte degli Asburgo d' Austria. La Spagna dunque riconquisto la Sardegna con una riuscita operazione militare con il chiaro intento di tenersela a lungo. Anzi le intenzioni del sovrano iberico erano di più ampio raggio: unire Sardegna e Sicilia al regno di Spagna. L' ideatore e l ' artefice della riconquista della Sardegna fu il Cardinale Alberoni. Tra i piani dell' Alberoni la riconquista della Sardegna non era  fine a se stessa, ma piuttosto doveva fungere da ponte per truppe spagnole destinate alla campagna militare siciliana. Immediatamente dopo la conquista di Cagliari gli spagnoli inviarono nell' isola sarda un cospicuo contingente militare. Buona parte delle truppe dopo  una breve permanenza in Sardegna fu inviata in Sicilia per tentarne la conquista. Non furono giorni felici per la Sardegna. l soldati spagnoli durante la permanenza nell' isola si lasciarono andare ad ogni tipo di nefandezze e angherie nei confronti della popolazione specie nell' entroterra di Cagliari. La popolazione che aveva dovuto sopportare gli austriaci fu costretta a vivere un' ulteriore periodo di soprusi da parte dei soldati iberici i quali oltre alle violenze dirette alla persona depredavano i villaggi. A tutto ciò si aggiunsero nuove tasse che aggravarono ancor più la situazione economica della popolazione. Venne istituita una tassa  sugli atti pubblici che obbligava l' utilizzo della carta bollata negli atti pubblici. Il popolo sardo ormai si stava  rassegnando al nuovo corso imposto dal neo "padrone", quando ecco che si prospetta un nuovo cambio di proprietà. Nel 1718 esattamente il 2 di Agosto a Londra venne siglato un accordo che impegnava la Spagna alla restituzione della Sardegna all' impero Austriaco i quali  si impegnavano a "girarla"   ai Savoia. Quanta poca considerazione per gli abitanti della Sardegna. Veniva  usata una popolazione come fosse un oggetto che  si passava di mano in mano incuranti degli sconvolgimenti che simili operazioni apportavano nel territorio. I Savoia a seguito di questa operazione poterono fregiarsi del titolo di Re di  Sardegna (fino ad allora erano dei principi). Per la Sardegna fu l' inizio della dominazione sabauda che duro per 140 anni.   Il primo Re di Sardegna fu Vittorio Amedeo II. Nel trattato di Londra i Savoia sottoscrissero una regola che li impegnava a non modificare nulla dell' aspetto politico e sociale dell' isola. Purtroppo per i sardi mantennero l' impegno almeno per i primi 60-80 anni. Qualche forma di riformismo di cui parlerò più avanti inizio a vedersi poco oltre la meta del 1700. L' arretratezza della Sardegna era atavica e si protraeva dalla fine del periodo giudicale. Durante la dominazione aragonese non si ebbe alcun sviluppo ne sotto l' aspetto produttivo ne sotto quello sociale, fu insediata da parte aragonese una forma di feudalesimo esasperato che teneva la popolazione nella miseria e nell' arretratezza assoluta, asserviti totalmente ai nobili feudatari. Furono anni in cui la nobiltà arrivata dalla penisola iberica durante il possesso spagnolo dell' isola, prese possesso di quasi tutto il territorio isolano. Vi è da dire che Amedeo II accetto a malincuore il possesso della Sardegna (aspirava alla Toscana) e impegno ben poche risorse nell' isola, come pure fecero per lungo tempo i suoi successori. Credo non sia azzardato affermare che nei primi decenni i Savoia governarono la Sardegna con metodo colonialistico. La Sardegna con i suoi 24.000 Kmq è una regione assai estesa.  Quando passò sotto i Savoia contava appena 300.000 abitanti. Il territorio isolano prevalentemente montuoso presentava scarsa viabilità per la mancanza di un sistema di strade adeguato specie nelle zone interne. Questi aspetti non permettevano di certo un controllo adeguato del territorio,  e rallentavano  la movimentazione delle merci. Occorrerà aspettare Carlo Felice per vedere la nascita di una strada che collega in modo adeguato il nord con il sud della Sardegna. Negli anni che seguirono la società sarda fu caratterizzata da una staticità sociale e produttiva e un progressivo impoverimento. Il persistere del feudalesimo di certo fu la causa di questo stato, e non vi era nessuna intenzione ad abolirlo. Era un feudalesimo ben radicato, oserei dire "robusto" i feudatari avevano acquisito tanti e tali privilegi che mai avrebbero accettato di  rinunciarvi. I regnanti di casa Savoia trovarono la società sarda retta da un sistema feudale di stampo medievale e pensarono che non era il caso di apportare modifiche che avrebbero inevitabilmente visto i vecchi feudatari contrapporsi ai Savoia. Il feudatario sardo era un piccolo "Rex i regno suo" come erano soliti dire gli aragonesi che permettevano loro di governare il feudo quasi in autonomia. Ciò che importava è che riscuotessero le tasse. In questo stato di disaggio chi se la passava peggio erano gli abitanti dei villaggi, mentre gli abitanti delle città se la passavano meglio. Si diceva  in quei tempi, con veracità o meno che i cittadini vivevano a sbaffo degli abitanti delle campagne. Il feudatari di rado abitavano in campagna preferivano le città dove vi era il palazzo storico della famiglia. Nelle città oltretutto potevano mantenere i rapporti con le altre famiglie patrizie. Le dimore rurali venivano utilizzate  saltuariamente per brevi soggiorni. Il feudo veniva amministrato da due persone di fiducia del signore feudatario: il Podatori e il Reggidori. Il Podatori si occupava della parte economica, mentre il Reggidori dell' amministrazione della giustizia. Queste due figure godevano di un alto prestigio all' interno del feudo. Per il controllo delle campagne vi era un "esercito rurale" costituito da  tante compagnie disseminate in ogni villa o come venivano chiamate in lingua sarda "Biddas". Tali compagnie erano costituite da uomini scelti tra gli abitanti delle ville e dovevano avere grande abilita nel maneggio delle armi. Queste compagnie venivano chiamate Compagnie Barracellari. A esse veniva affidata la sorveglianza delle campagne in particolar modo il controllo dei furti di bestiame. Ancora oggi in tantissimi paesi della Sardegna operano le Compagnie Barracellari. La società feudale come già avveniva in epoca spagnola era suddivisa in classi sociali ben distinte. Ovviamente all' ultimo posto vi erano i contadini, i pastori, gli artigiani, ossia il cosiddetto "popolino". Al vertice della scala c' era il feudatario, subito dopo i nobili distinti tra nobili detentori di   titolo nobiliare e nobili la cui nobiltà era stata "acquistata", quindi venivano i cavalieri. Sia i nobili che i cavalieri potevano fregiarsi del titolo di "Don" (contrazione del latino dominus= signore o padrone). Accadeva che talvolta nelle ville (Biddas) vi erano dei cittadini che pur non possedendo alcun titolo di nobiltà erano assai più facoltosi dei nobili, per così dire "patentati". Erano pastori o agricoltori che con grande capacita e intraprendenza  erano riusciti ad accrescere in misura considerevole il loro patrimonio. Furono essi i fautori del seppur minimo cambiamento  del sistema produttivo di stampo feudale, ed è sempre  da loro che nacque il malcontento che sfocio nelle sommosse alla fine del 1700. La loro contrapposizione alla nobiltà si manifestò  fu sia sul piano economico che sociale. Venivano chiamati "Principales", termine ancora oggi in uso nel' isola per indicare i datori di lavoro "Su Prinzipale". I tributi che la popolazione doveva pagare erano sempre più esosi e il malcontento montava sempre più tra i ceti sociali "bassi". Quali erano i tributi dovuti dalla popolazione ?. I tributi erano divisi in tre categorie: reali, giudiziali e personali. Ogni vassallo se usava o possedeva (nel caso dei Principales) la terra per uso agricolo o per il pascolo del bestiame, era tenuto al pagamento del TRIBUTO REALE. Mentre per il solo fatto di abitare nel territorio del feudo era tenuto a a pagare una sorta di tassa di soggiorno ossia il TRIBUTO PERSONALE. Poi vi era  il TRIBUTO GIURIDIZIONALE che veniva pagato per tutti i servizi pubblici che il feudatario offriva al vassallo. Questi tributi che vessavano il vassallo, dovevano essere ben indicati nell' atto di infeudazione e il feudatario non poteva esigere altri tributi. Talvolta con arroganza e sfrontatezza qualche feudatario "inventava" altri tributi. La vessazione con il carico di tributi era assai pesante,. Coloro che maggiormente  subivano questo stato  erano i contadini, i pastori e gli artigiani. Fu una situazione che generava sempre più insofferenza tra la popolazione.  
Lorenzo Bogino
A dire il vero qualche lento cambiamento  si ebbe quando sulla scena sarda arrivo il conte Gian Battista Lorenzo Bogino che ricevette dal Re Carlo Emmanuele III l' incarico di sovraintendente agli affari sardi. Arrivato nell' isola avvio da subito un progetto di riforme molto moderato. Il suo riformismo lo potremo definire "illuminato" in quanto il Bogino guardava con interesse alla corrente di idee che andava diffondendosi in Europa e che veniva definito "Illuminismo". Il ridimensionamento dei privilegi di cui godeva il clero (che non erano pochi) fu una prima riforma messa in atto da  Bogino. Questa riforma prevedeva l' annullamento del diritto da parte del clero di concedere asilo in tutti gli edifici ecclesiastici a chiunque. In virtù di questo diritto assai spesso in tali edifici si rifugiavano assassini e  facinorosi di ogni genere. Fu abolito il privilegio del "Foro" che prevedeva l' immunità per i membri dell' amministrazione ecclesiastica  autori di  qualsiasi delitto. L' abolizione di questi privilegi di certo non comportavano alcun beneficio per la popolazione più povera e le classi sociali più disagiate,  ma davano un segnale della volontà di cambiamento da parte di Bogino. Furono avviate delle piccole riforme sulla giustizia e sull' istruzione. In particolare la riforma dell' istruzione prevedeva l' obbligo della lingua Italiana nelle scuole. Durante il periodo in cui Bogino fu sovraintendente agli affari sardi, la Sardegna subì un seppur minimo arretramento dello stato di sotto sviluppo in cui versava da secoli. Sempre nell' istruzione fu avviata la riforma dell' Università di Sassari e di Cagliari. Vi sono altri aspetti innovativi dell' opera  del Bogino, ma occorrerebbe  soffermarsi a lungo per elencarli tutti. No vi è dubbio che il quindicennio del "riformismo moderato" di Bogino fu un periodo in cui la Sardegna cerco di "crescere". Dopo la partenza di Bogino gli anni passarono senza grandi mutamenti almeno fino al 1780. In questo anno dopo gli avvenimenti dell' anno precedente gli animi si stavano scaldando sempre più e un vento portatore di protesta sociale aleggiava minaccioso sull' isola.  Veniamo a ciò che accade nel 1779. Sulla Sardegna uno stato di profonda carestia dovuta a un lungo periodo di siccità  aveva ridotto in misura considerevole la produzione di grano e  stava mettendo in ginocchio l' isola. Il Re invio in Sardegna grandi quantità di grano con l' intento di attenuarne la carenza. Altrettanto fecero il Viceré e il Governatore di Sassari. Il Viceré e il Governatore tramite dei prestanome rivendevano parte del grano fuori dall' isola. Ovviamente con un simile comportamento da parte di questi due soggetti "istituzionali", il solo aiuto del Re non riuscì a  sopperire alla carestia e di conseguenza a  placare gli animi. La rivolta venne innescata dalla decisione del Governatore di Sassari di  chiudere il mercato civico. Fu questa una decisione che  fece scatenare la popolazione. I rivoltosi occuparono tutte le vie dalla città e devastarono tutto ciò che capitava  sotto mano. Non venne risparmiato nemmeno il Palazzo di Citta, che era la sede istituzionale più importante.  La rivolta  fu sedata con la distribuzione gratuita di grano, pane e carne. I presunti responsabili dei disordini vennero impiccati nella pubblica piazza.  Gli annali raccontano di rivoltosi che  dopo aver sfilato per le vie della città legati e con un remo in mano, furono graziati solo dopo aver   baciato la forca. Dalla forte carestia i contadini e i pastori ne trassero qualche vantaggio. Furono istituiti con regio edito del 22 Agosto 1780 i Monti di Soccorso (un antenato delle Casse di Credito Agrario). Lo scopo era permettere ai contadini e ai pastori di chiedere dei prestiti per il mantenimento delle loro attività. Negli anni  successivi furono attuate delle piccole riforme, che migliorarono lievemente la vita dei vassalli. Non furono certo questi piccoli cambiamenti a placcare gli animi e far cessare la voglia di rivolta che montava sempre più forte tra i vassalli. Nel 1793 avvenne un fatto che contribuì in modo notevole alla mobilitazione popolare. Nella primavera di tale anno si riunirono a Cagliari i tre Stamenti del Parlamento Sardo che elaborarono  5 domande da presentare al Re.
  • L' immediata convocazione delle Corti  o Parlamento Generale e il ripristino della loro convocazione decennale. 
  • Il rispetto dei privilegia e delle fondamentali del Regno.
  • La rivendicazione degli impieghi della pubblica amministrazione ai sardi, fatta eccezione per la carica di viceré.
  • L'  istituzione di una Terza sala della Reale Udienza o consiglio di Stato ordinario con il compito di istruire tutte le pratiche politico amministrative che non rientrassero nell' ambito dell' amministrazione della giustizia penale e civile.
  • La creazione a Torino di un apposito Ministero per gli Affari di Sardegna.
La missione dei sei delegati partiti per Torino con lo scopo di presentare al Re le 5 domande falli. I delegati determinati nel voler presentare le domande solo al sovrano, si rifiutarono di esporle al Ministro dell' Interno Granieri nonostante la continua insistenza dello stesso ministro. Il Re solo dopo tre mesi  fece delle promesse generiche che non soddisfaranno la delegazione. In Sardegna la notizia del fallimento scateno il 28 Aprile 1794 la rivolta, che diede inizio alla "caccia al piemontese". Era da lungo tempo che la voglia di rivolta covava sotto la cenere, e questo sgarro del sovrano contro il popolo sardo la fece esplodere all' istante. Per le vie di Cagliari  si riversò una marea di gente e già a tarda sera del 28 Aprile Cagliari era sotto il controllo dei rivoltosi. Da questo momento inizio il seppur breve periodo di autogoverno della Sardegna da parte dei sardi. La Reale Udienza con soli giudici sardi assunse il governo dell' isola. Nel novembre del 1794 nel Logudoro scoppia la rivolta delle popolazioni rurali. In tre paesi di questo territorio fu innalzato per la prima volta il vessillo   antifeudale. Alla fine del 1794 esattamente il 28 dicembre un vero esercito di contadini entro trionfante a Sassari e la occupo. La conquista di Sassari da parte dei rivoltosi fu un atto di forza dell' ala radicale del movimento rivoluzionario. Questo fatto sancì definitivamente la rottura tra l' ala radicale e l' ala moderata. I moderati auspicavano un processo graduale di abolizione del feudalesimo. Il vento di rivolta soffiava con maggior vigore, la voglia di riscatto era forte. L' insofferenza maggiore era tra i Principales, i facoltosi contadini e allevatori. Furono proprio essi a far innescare la rivolta. Anche la piccola nobiltà comincio a manifestare insofferenza nei confronti dei piemontesi. Da queste due categorie vennero molti "patrioti" che appoggiarono la rivoluzione (fallita) di Giovanni Maria Angioy . Chi era Giovanni Maria Angioy ?
Giovanni Maria Angyoi
Era un "nobile minore" ossia proveniva da una famiglia della nobiltà rurale. La sua famiglia risiedeva a Bono (centro abitato del Sassarese) ed egli stesso nacque a Bono. Si laureo a Sassari, poi trasferitosi a Cagliari inizio a far pratica per intraprendere la carriera di avvocato. Abbandono subito questa strada e inizio gli studi di diritto. Fu allora che maturo in se il desiderio di porre fine alla "TIRANNIA" dei feudatari. Guardando e ispirandosi alla rivoluzione francese, inizio la sua rivoluzione. Gli fu assegnato il ruolo di Giudice della Reale Udienza. Nell' esercizio di questa funzione poté aver modo di vedere le ingiustizie e le angherie dei feudatari che rafforzarono la sua voglia di ribellione. Il feudalesimo era un male atavico della Sardegna che da secoli la teneva in uno stato di arretratezza e di degrado sociale assoluto che non aveva eguali nella penisola italica. Il feudalesimo esigeva tasse esose alla popolazione.  La teneva in uno stato  di arretratezza spaventoso. Non permetteva la crescita economica. Non vi erano innovazioni che permettessero una maggior produttività del settore agricolo e pastorizio tantomeno  di tutte le altre attività. Con questo stato sociale disastroso il 28 Aprile 1794 a Cagliari la popolazione esasperata uccise due funzionari della corona, e di fatto inizio la ribellione. Furono uccisi il Gen, Gerolamo Pitzolo e il Gen Gavino Paliaccio. Fu un effetto domino. In tutta l' isola si susseguirono atti di rivolta contro i piemontesi e si effettuo una vera e propria caccia agli stessi. Quei giorni vengono ricordati come: SA DIE DE S' ACCIAPA (i giorni dell' acchiappa). Mentre i giorno dell' inizio della rivolta viene ricordato come SA DIE DE SA SARDIGNA (il giorno della Sardegna). Ogni anno il 28 aprile si ricorda quel giorno con  la rappresentazione di quei fatti con figuranti in costumi dell' epoca. Credo che tutti in Sardegna conoscano l' inno antifeudale che impropriamente viene chiamato "PROCURA DE MODERARE BARONES SA TIRANNIA". Questo inno è la rappresentazione speculare del triennio rivoluzionario (1793-1796).
Giuseppe Manno
Il vero titolo di questo inno è "Su patriotu sardu a sos feudatarios" e fu scritto da Francesco Ignazio Mannu un magistrato di Ozieri (centro abitato vicino a Sassari). Mannu fu un membro importante del movimento rivoluzionario sardo. In questo inno si rappresenta il malessere delle classi sociali meno abbietti ma anche di coloro che tali non lo erano e mal sopportavano il feudalesimo. La si può definire una piccola Marsigliese che nel contesto sardo coglie dal vivo le vicende della "piccola rivoluzione sarda". Il Mannu nella sua opera denuncia i soprusi e le vessazioni a cui è sottoposta la popolazione da parte dei feudatari. Il 2 giugno del 1796  Giovanni Maria Angioy assieme ad un nutrito numero di rivoltosi  si mette in marcia verso Cagliari. L' intento di Angioy  era di negoziare con il governo del viceré e con il sovrano l' abolizione del sistema feudale. Molti storici sono stati dei detrattori dell' azione di Giovanni Maria Angioy. Il maggiore di essi ritengo sia stato  Giuseppe Manno. La marcia di Angioy fu interrotta ad Oristano il 10 giugno. Rientrò con molta fretta a Sassari per poi  imbarcarsi per Genova. Sulla sua testa fu posta una forte taglia che lo costrinse a spostarsi da Genova a Livorno da dove cerco invano l' appoggio di Napoleone Bonaparte alla causa sarda. Angioy si sposto a Casale dove rimase molti mesi in attesa di una risposta alle giustificazioni che aveva inviato al Re in merito al proprio operato durante la rivolta sarda. Non ricevendo alcuna risposta decise di andare in Francia da dove  non fece più rientro in Sardegna. La Sardegna torno sotto il pieno controllo dei regnanti di casa Savoia e riprese il suo sonno politico sociale e culturale.