venerdì 28 febbraio 2014

La battaglia di Sanluri tra Sardi e Aragonesi.

di Angelo Vinci


Rappresentazione battaglia di Sanluri
Dei quattro regni medievali autonomi sardi  ne era rimasto solo uno: il regno di Arborea. Gli altri tre erano stati fagocitati dal nuovo regno di Sardegna. Il REGNUM DI SARDIGNIAE ET CORSICAE fu  "inventato" dal Papa Bonifacio VIII e gentilmente regalato ai sovrani d' Aragona nell' anno 1.227. Per divenire regno di fatto mancava la conquista da parte degli Aragona e la conseguente sottomissione di tutta la Sardegna. I nuovi Re di Sardegna avevano un  ultimo ostacolo da superare : il regno  d' Arborea. I regnanti arborensi non accettarono mai la presenza degli aragonesi sul suolo sardo,  consideravano gli stessi degli usurpatori. Questo aspetto fu determinante per l' instaurarsi di uno  stato di guerra quasi permanente tra i due regni. Si firmarono vari trattati di pace che  vennero  puntualmente disconosciuti dagli arborensi. Gli arborensi  preferivano dar voce alle armi piuttosto che ricorrere alla diplomazia. Il trattato di pace che resse più a lungo fu firmato da Mariano IV d' Arborea e Pietro IV d' Aragona il giorno 11 luglio 1.355. Mariano IV riprese la guerra nel 1.365 attaccando il castello aragonese di Sanluri e conquistandolo. Il regno di Arborea (Rennu de Arborea in lingua sarda)  negli anni successivi aveva annesso strappandoli agli Aragonesi molti territori, riuscendo così a portare  l' estensione territoriale  a quasi  tutto il territorio isolano. I territori  Aragonesi erano ridotti ai porti di Alghero, di Castel di Cagliari (Cagliari) e Longosardo (attuale Santa Teresa di Gallura). Tale espansione inizio sotto il regno della Regina Eleonora  grazie all' abilità di Brancaleone Doria marito di Eleonora. Brancaleone  alla guida delle truppe Arborensi sconfisse ripetutamente gli aragonesi annettendo di volta in volta nuovi territori fino ad allora  controllati dagli iberici. Dopo la morte del  sovrano arborense Mariano V figlio di Eleonora e Brancaleone il regno cadde in una profonda crisi dinastica che vide contrapposti alcuni eredi collaterali nella contesa del  trono d' Arborea.
Stemmi Aragona e Arborea
Aragonesi e sardi Arborensi continuarono ad affrontarsi. Da una parte gli Aragonesi  cercavano di annettere tutta la Sardegna in virtù di una "licentia invadendi" concessa loro dal Papa Bonifacio VIII. Dalla parte opposta  i sardi che per la quasi totalità  vivevano nei territori sotto il controllo del regno di Arborea  aspiravano arditamente ottenere la  piena indipendenza della Sardegna. Per gli aragonesi non era cosa facile fronteggiare i sardi arborensi nelle battaglie per cosi dire "ridotte" in quanto questi ultimi conoscevano bene il territorio e avevano una forte determinazione  nel voler scacciare gli iberici usurpatori. Con queste premesse e in uno  stato di guerra che persisteva da lungo tempo,  gli eserciti delle  due casate che miravano  alla supremazia statuale sull' intera isola,  il 30 giugno 1.409 si affrontarono in una decisiva battaglia presso il borgo fortificato (al tempo) di Sanluri. Fu questa la battaglia decisiva  per le sorti del regno d' Arborea. Ogni sogno d' indipendenza e autonomia svani definitivamente quel giorno. La battaglia fu cruenta. Per i sardi fu un massacro.  Come già detto gli  Aragonesi per gentile concessione del Pontefice Bonifacio VIII si ritrovarono Re di Sardegna, ma questo atto non bastava. Era necessario legittimare la "regalia" con il reale possedimento della Sardegna. Gli Arborensi dal canto loro dovevano ribadire il loro diritto alla sovranità sui territori del regno d' Arborea in quanto ritenevano giustamente che tale diritto gli derivava dalla successione dinastica che si susseguiva da ben 5 secoli  e non da regalie papali. Martino il Vecchio sovrano della Corona d' Aragona avendo ben capito che i regnanti del regno d' Arborea rappresentavano un pericolo per il possesso dell' isola decise di inviare in Sardegna una cospicua spedizione militare con il chiaro intento di smorzare definitivamente le velleità espansionistiche in territorio sardo dei sovrani del  regno d' Arborea. La spedizione fu guidata da Martino il Giovane Re di Sicilia  figlio del Re d' Aragona. La spedizione parti dalla Sicilia e giunse al porto di Cagliari il 6 ottobre 1.409. Il commando militare fu affidato a Pietro Torrelles un abile stratega, molto esperto che già aveva combattuto per Martino il Vecchio. Il corpo militare aragonese era composto da  3.000 cavalieri e 8.000 fanti. I fanti aragonesi erano ben preparati, ben organizzati e disciplinati: dei veri soldati. Cosa molto importante erano protetti da corazza, scudo, elmo e armati con doppia spada: una lunga e una corta. I cavalieri erano forniti di armatura e i cavalli erano ugualmente protetti. I sardi Arborensi   si apprestavano a raggiungere Sanluri  con un  esercito ben più numeroso: 3.000 cavalieri e 17.000 fanti. Facevano parte di questo esercito 200 balestrieri genovesi e un centinaio di soldati francesi e lombardi. Ma dire che era un vero esercito è un po' troppo. Tranne che per i cavalieri che erano ben armati e protetti, il resto dei soldati era armato alla bene e meglio. I fanti non avevano la corazza a protezione del corpo  il capo non era protetto dall' elmo. Non tutti i fanti erano adeguatamente armati. I fanti armati per così dire in modo convenzionale per l' epoca, potevano contare sulla "virga sardesca"  che poi non  era altro che una spada tozza e pesante. Una arma antiquata. Una parte consistente dei fanti sardi era armata con armi di fortuna, addirittura con forconi. E cosa inquietante non avevano alcuna preparazione militare. Di certo non erano buone premesse per affrontare un nemico che seppure numericamente inferiore era nettamente superiore sotto l' aspetto della forza puramente militare.
Virga Sardesca
Tra sardi e aragonesi nei mesi successivi allo sbarco delle truppe aragonesi a Cagliari vi furono scaramucce  di piccola portata. Il  regno di Arborea era in piena crisi dinastica.  Fu presa la  decisione  di far venire dalla Francia (dove risiedeva) Guglielmo  figlio di Beatrice sorella della defunta e rimpianta regina Eleonora. Il giorno 8 dicembre del 1.408  Guglielmo III visconte di  Narbona designato al trono, giunse ad Oristano. Venne   incoronato secondo le regole  dalla Corona de Logu giudice d' Arborea nella Cattedrale di  Oristano il 13 gennaio 1.409. Sarà egli l'ultimo sovrano d'Arborea. Il nuovo sovrano non ebbe il tempo necessario per conoscere a fondo la situazione che si era venuta a creare tra il suo regno e il regno d' Aragona. Il tempo per conoscere i suoi soldati, e da essi farsi apprezzare fu altrettanto  esiguo. Prima di arrivare al confronto militare vi furono tentativi diplomatici messi in campo da ambo le parti che purtroppo fallirono. Dopo un lungo tergiversare il primo a rompere gli indugi fu il sovrano d' Arborea Guglielmo III. Discese verso Sanluri dove si attesto assieme alle   truppe che nel frattempo era riuscito a mettere in campo. Il Re di Sicilia Martino il Giovane parti da Castel di Cagliari con il grosso delle truppe al commando di Pietro Torrelles. L' altra parte delle truppe Aragonesi prese due direttrici diverse, una si diresse verso Villa di Chiesa (Iglesias) e l' altra verso l' Ogliastra per riprendersi il Castello di Quirra. Martino il Giovane nell' avvicinamento a Sanluri per un buon tratto dovette risalire il Rio Mannu. Fu sicuramente in questa occasione che subì le punture della zanzara Anofele portatrice della malaria. Malaria  che purtroppo per lui contrasse e  stando alle fonti ufficiali lo porto alla morte  poco tempo dopo il suo rientro a Cagliari.


LA BATTAGLIA.
Castello Sanluri
Martino giunto in prossimità del borgo di Sanluri, si fermo e fisso il suo campo. La notte di sabato 29 giugno trascorse senza nessun tentativo di inizio ostilità da parte dei due schieramenti. Guglielmo III passo la notte nel castello di Sanluri. La mattina del  30 giugno 1.409 (domenica)  alle prime luci del giorno Martino il Giovane mosse le sue truppe verso il borgo di Sanluri. Guglielmo III vedendo avanzare gli Aragonesi usci dal borgo, schiero le truppe in linea e lancio la cavalleria contro lo schieramento aragonese. Forse fu la poca esperienza militare, o forse la troppa baldanza a fargli prendere una decisione che non fu certamente sensata. Agi d' istinto senza avere una minima tattica. Mancava al suo esercito un vero comandante capace di attuare delle tattiche vincenti. Un Brancaleone Doria per intenderci. L'esercito Aragonese era guidato dal Pietro Torrelles  un condottiero e stratega formidabile. Proprio costui attuò una strategia che si rivelo vincente disponendo  le truppe a cuneo.  Fece avanzare le truppe verso il fronte nemico (schierato in linea) sfondando al centro.  Lo schieramento arborense fu diviso in due tronconi. La parte sinistra  incalzata dalle truppe aragonesi si divise ancora in due tronconi. Una parte di cui faceva parte anche Guglielmo III incalzata dagli Aragonesi si rifugio nel castello di Monreale poco distante da Sanluri. Le mura del  castello ressero all' assalto e Guglielmo poté salvarsi. L' altra parte delle truppe di circa 7.000 uomini, inseguita dagli aragonesi ripiego verso il borgo fortificato di Sanluri. Le mura non ressero e i soldati aragonesi entrati nel borgo passarono a fil di spada 600 fanti sardi. Non furono risparmiati i civili. Da quanto viene riportato negli annali, vennero fatti molti prigionieri  per poi essere venduti come schiavi in Spagna. Furono catturate anche 300 donne. Sorte assai peggiore la ebbero i soldati del troncone destro. Non riuscendo a dirigersi verso Sanluri perché i soldati iberici gli chiusero la via di fuga verso il borgo.  Vista l' impossibilità di arrivare al borgo dalla via scelta, decisero di tentare il  guado del Rio Mannu per entrare ugualmente nel   borgo di Sanluri. Il Rio Mannu era in piena e non era possibile attraversarlo. Con gli Aragonesi che incalzavano alle loro spalle decisero di andare ad attestarsi sulla cima di un piccolo poggio. Ahimè in cima al poggio trovarono altre truppe Aragonesi. Trovandosi  tra i due schieramenti nemici e senza via di fuga non ebbero scampo: furono massacrati. Non scampo  alla morte quasi nessuno. Oggi questo luogo è tristemente conosciuto con il nome di "Su Occidroxiu" ovvero tradotto dalla lingua sarda: il macello . Il poggio viene identificato con il nome di "Bruncu de sa Battalla" ossia il Poggio della Battaglia. La schiacciante vittoria   degli Aragonesi sui sardi annullo ogni speranza da parte  dei sardi ad avere uno stato indipendente che comprendesse tutto il territorio isolano. Il piccolo regno di Arborea nel 1.410 fu ridimensionato e ridotto a Marchesato di Oristano. Il 29 marzo 1410  Leonardo Cubello  (discendente del sovrano d' Arborea Ugone II) sottoscrisse la pace. Cubello si impegnava  a  consegnare al sovrano d' Aragona i possedimenti storici arborensi ad eccezione di un piccolo territorio intorno all'ex capitale di Mariano. Il  Re Aragonese  investì Cubello del titolo di   Marchese di Oristano e Conte della Contea del Goceano. Quindi egli e gli abitanti del regno d' Arborea vennero considerati dei   semplici vassalli della Corona d' Aragona. Parrebbe che Cubello in cambio ricevette anche una somma di denaro. L' ultimo marchese di Oristano fu Leonardo de Alagon che nel 1.478 dopo essersi ribellato agli aragonesi li affronto in una drammatica battaglia a Macomer dove fu pesantemente sconfitto. Catturato fu portato in Spagna dove mori nel 1.494. Il marchesato di Oristano e la contea del Goceano passarono alla Corona d' Aragona.
Leonardo de Aragon
Con questo  atto si  decretò la fine definitiva dell'indipendenza della Sardegna.
 Guglielmo III non essendo più il sovrano d' Arborea il 27 agosto 1.410 vendette agli Iberici ogni diritto sul regno d' Arborea per 1.000.000 fiorini e  sposto  la propria residenza nella città di Sassari. Dal 1.420 Guglielmo III si trasferì definitivamente in Francia dove mori in battaglia nel 1424. Ironia della sorte il luogo ove trovo la morte è chiamato "Charmeller" ossia "Carnaio" quasi a voler tracciare un parallelismo tra questo luogo e "Su Occidroxiu"  ossia "il macello"  luogo dove nella battaglia di Sanluri buona parte del suo esercito venne massacrato. Nella battaglia di Sanluri per la seconda volta svanì il sogno di uno stato sardo indipendente. La prima volta fu allor quando nel periodo dell' occupazione romana l' esercito di Ampsicora venne pesantemente sconfitto dai romani. 
Sulla morte di Martino il Giovane è stata montata una leggenda molto suggestiva. Martino è morto a Cagliari  e ivi sepolto, come documentato. Nella cattedrale cittadina si trova il suo mausoleo  fatto erigere dai viceré spagnoli. Ciò che è stata romanzata è non tanto la causa della morte  che come ho  già accennato fu  in conseguenza della contrazione della malaria. Ma piuttosto la rapidità con cui arrivo alla morte. La leggenda narra di una giovane bella e avvenente catturata a Sanluri che consumo d' amore il giovane re di Sicilia Martino il Giovane. Si racconta che Martino molto avvezzo ai piaceri della carne    indirizzo tutte le sue attenzioni e le sue voglie verso questa bella popolana la quale non era per niente invaghita del sovrano.  La bella giovane di Sanluri per vendicare i soldati sardi condusse il giovane Re ad una lunghissima serie di amplessi tanto da sfinirlo e privarlo di difese nei confronti delle febbri malariche che già scuotevano il suo corpo. Non resse alle persistenti febbri  e  giunse rapidamente  alla morte. Una leggenda niente più che una leggenda. Della giovane non se ne parla in nessun documento.
Cattedrale Cagliari:  Mausoleo Martino il Giovane

venerdì 14 febbraio 2014

I Nuraghi le antiche torri protostoriche della Sardegna.

di: Angelo  Vinci
 

Nuraghe Losa Abbasanta
Solo sul territorio della Sardegna e in nessun altro luogo del nostro pianeta, una antica civiltà ha lasciato cosi tante vestigia come simbolo identificativo della civiltà stessa. Questa grande civiltà è durata 1.200 anni. Per tutto il territorio della Sardegna la presenza dei nuraghi si estende dalle colline alle pianure dagli altipiani fino ai posti più inaccessibili. I nuraghi con il loro aspetto imponente, maestoso e superbo sono un simbolo identificativo del paesaggio isolano. Tutto ciò lascia capire perché il nuraghe viene considerato il simbolo araldico della Sardegna. Mi verrebbe da dire che l' identità del popolo sardo, e le sue stesse radici culturali siano da considerarsi racchiuse nel nuraghe. Non vi è posto o angolo della Sardegna dove non sia presente un nuraghe. Vi è un paese in cui il nuraghe (in buono stato di conservazione) si trova inglobato nell' area urbana. Il paese è Sant' Anna Arresi. Perfino a non molta distanza dalla montagna più alta della Sardegna (Gennargentu) è attestata la presenza  dei nuraghi. I nuraghi censiti in Sardegna secondo le stime ufficiali dovrebbero essere circa 7.000. Probabile che questo sia un dato inesatto. Il numero dei Nuraghi censiti non è effettivamente quello reale, in quanto vi sono ancora dei nuraghi che non sono facilmente individuabili, perché ricoperti dalla terra o dalla folta macchia mediterranea, oppure di non facile accessibilità.  Una buona parte di essi sono ancora in ottime o buone condizioni. Di un certo numero di nuraghi rimane solo qualche filare di massi. I danni maggiori più che il tempo li ha fatti l' uomo. Di molti nuraghi rimane solo un cumulo di massi. L' altezza dei Nuraghi va da un minimo di 4 ad un massimo di 18 metri.  Un esempio di nuraghi non catalogati sono i nuraghi Serra e Nuratze e Alleustara ad Aritzo. Tra i comuni di Capoterra, Uta e Decimoputzu è stato appurata la presenza di una trentina di nuraghi. Anche nel comune di Sarroch è accertata la presenza di almeno 15 nuraghi non censiti perlopiù di piccole dimensioni e con scarsissimo residuato. Quando parlo di nuraghi censiti intendo già inseriti nelle carte dell' Istituto Geografico Militare o nelle carte archeologiche.


Nuraghe Diana

Anche nell' isola di Sant' Antioco i nuraghi non censiti sono tanti. Stime più o meno corrette ne riportano circa ottanta (mi pare un numero eccessivo). Ciò fa presupporre che i Nuraghi effettivamente ancora presenti siano molti di più di 7.000. Potrebbero attestarsi sui 8.000-9.000. E' lecito pensare che i nuraghi presenti in Sardegna fossero tanti. Alcune ipotesi di stima arrivano anche a 15.000. Personalmente credo che fossero  assai di meno. Per quanto massiccia possa essere stata l' opera di demolizione da parte delle popolazioni susseguitesi al popolo nuragico, non si può aver demolito la meta dei nuraghi presenti. Un grande numero di nuraghi è stato completamente demolito e di essi non rimane alcuna traccia. Con il pietrame di questi nuraghi sono stati edificati nel corso dei secoli, chiese, ponti, strade, fortificazioni e altro. Già in epoca punica e romana si inizio a ricavarne materiale da costruzione. Nel Medio Evo probabilmente l' opera di demolizione è stata più accentuata, per far fronte alla necessità di pietrame per costruire i manieri. Emblematici sono la fontana pubblica costruita ad Aritzo utilizzando il pietrame della sommità del Nuraghe S. Antinne di Torralba, e il ponte ferroviario nelle vicinanze di Belvì costruito con la demolizione totale del Nuraghe presente sulla sommità del tacco calcareo di Texile. I nuraghi presenti in tutto il territorio dell' isola non potevano non essere presenti anche nell' area urbana di Cagliari. Una seppur minima traccia della loro presenza è stata trovata nei colli della città: Monte Urpinu, San Michele, Castello. I nuraghi erano presenti anche lungo la fascia costiera dell' isola.  In un piccolo rialzo delle colline a Sud del paese di Sarroch a ridosso della Torre del Diavolo si notano i resti di un piccolo nuraghe. Sempre lungo la stessa costa, ma un pò più a Sud nel comune di Pula sulla costa vi sono i resti del Nuraghe Guardia Mogiasca. Sul promontorio del Coltelazzo a Nora, dove è stata edificata la torre omonima, quasi certamente vi era un nuraghe. Altra testimonianza della presenza dei nuraghi lungo la costa la si trova in località Macchiareddu vicino a Cagliari, dove su un piccolo rialzo del terreno si evidenzia la presenza nel passato di un nuraghe, ora completamente demolito. L' elenco è lungo ma mi fermo a questi.

Nuraghe Santu Antine

Tempo fa è stato fatto  uno studio sul posizionamento dei nuraghi nel territorio,. Il risultato è che la stragrande maggioranza dei nuraghi è sita in posizione elevata rispetto al territorio circostante. Ciò è dovuto sicuramente all'  esigenza di controllare il territorio da una posizione vantaggiosa, quale può essere la sommità di un' altura. In alcuni casi troviamo molti nuraghi non molto distanti l' uno dall' altro, quasi a formare un sistema reciproco di allertamento. Come si può constatare nell' Altipiano della Giara dove i nuraghi sono molto vicini. Vi è il caso di un nuraghe che è posto su un' altura talmente scoscesa, che ai tempi in cui fu edificato era praticamene inespugnabile. Questo nuraghe è il nuraghe Antigori di Sarroch. Quando il nuraghe è sito in luoghi completamente pianeggianti, assai spesso è munito di un sistema di mura. Esempio ne sono il Nuraghe Losa di Abbasanta, e il Nuraghe Santu. Antine di Torralba o Nuraxi di Barumini. L' aspetto dei nuraghi quando sono ben conservati è superbamente maestoso e imponente. Maestoso perché esprime un senso di potenza arcaica sovra naturale che trascende dall' ambiente che lo circonda (forse ho esagerato, ma è ciò che penso quando guardo un nuraghe). Superbo perché emerge da un passato lontanissimo  con fierezza carico di mistero in  sfida al tempo che inesorabilmente fluisce. Di fronte ad un nuraghe e alla sua imponenza non si può  fare a meno di fare un salto indietro nel tempo ed immaginare le battaglie combattute da quel popolo forte, coraggioso, impavido e fiero che li costruì. Si possono immaginare i loro canti trionfali ad ogni vittoria. Non vi è dubbio che i nuraghi destino molta curiosità per il loro aspetto architettonico. Ma è altrettanto vero che sono avvolti in un alone di mistero. Se si osserva un nuraghe con attenzione non si può che rimanere affascinati dalla maestria con cui l' antico popolo che li costruì pose in opera gli enormi massi  che ne costituiscono la struttura. I nuraghi non è da molto tempo che vengono studiati. Fino al XX secolo pochi erano in grado di dare dei chiarimenti sui nuraghi. 


Nuraghe Arrubiu
Questo avveniva (e purtroppo avviene ancora) perché si guardava più ai popoli che colonizzarono la Sardegna  misconoscendo la reale identità del  popolo nuragico. Non si può rinunciare al riconoscimento della propria identità, della propria cultura quando la stessa si perde nella notte dei tempi. La civiltà nuragica è storicamente collocata molto indietro nel tempo. Ma rispetto ad altre civiltà ad essa coeva è  stata studiata relativamente di recente.  Questo in buona parte è dovuto al fatto che per tantissimo tempo lo stereotipo degli antichi sardi era di "pastori senza cultura propria". Per lungo tempo il comune pensare era che la Sardegna fosse sempre stata colonizzata e non che i sardi avessero colonizzato altre terre. Io propendo più verso l' ipotesi che invece siano stati i sardi nuragici a dar vita a qualche altra civiltà. Quasi probabilmente la Civiltà Micenea. Le similitudini tra le due civiltà dimostrano che di sicuro vi è stato uno scambio molto intenso e reciproco nel commercio. Ma anche dalle costruzioni si evidenziano delle similitudini. Il popolo nuragico sapeva andar per mare e nei suoi spostamenti è probabile che qualche gruppo di uomini si sia fermato nella penisola Ellenica dando inizio ad una nuova civiltà. Anche gli Etruschi credo non siano altro che una discendenza di gruppi di sardi che colonizzarono l' Etruria. Da almeno un centinaio di anni gli studiosi si sono applicati maggiormente allo studio della civiltà nuragica, e grazie a loro lavoro se oggi si comprende meglio quale sia stato il ruolo avuto dal popolo nuragico tra i popoli del Mediterraneo.


Nuraghe Nuradeo
La denominazione "Sa Domu de S' Orcu" che viene data ad alcuni nuraghi, deriva da ipotesi del tutto fantasiose che venivano date nei secoli passati sulla funzione dei nuraghi. Essi infatti venivano indicati come il luogo in cui abitavano orchi giganteschi. Le fonti storiche più antiche che fanno accenno ai nuraghi sono greche. Sono costituite dalle notizie, tramandate da Diodoro Siculo ed il Pseudo Aristotele, vissuti nel I° sec. a.C. e nel I° sec. d.C. Secondo quanto questi autori greci ci hanno fatto pervenire, la presenza dei nuraghi è da attribuire al mitico eroe greco Iolao, (l' auriga di Ercole) il quale dopo aver conquistato tutta la Sardegna con una spedizione di Tespiesi (di cui egli stesso era re)  fece costruire da Dedalo i nuraghi. Lo storico greco Diodoro Siculo nella sua Bibbliothecca Historica riporta questo passo "Allora Iolao fatto venire Dedalo dalla Sicilia costruì opere molto grandi, che rimangono sino ai tempi d' oggi e chiamate dedalete da colui che le costruì, costruì anche palestre e tribunali e altre cose che contribuiscono alla prosperità". Il Pseudo Aristotile nel suo De Mirabilis Auscultatationibus in un passo che corrisponde al quello menzionato in precedenza di Diodoro Siculo ci dice: "Dicono che in Sardegna ci sono edifici costruiti alla maniera greca antica, molti e belli con cupole costituite con molti filari di pietre e che questi sono stati costruiti da Iolao (figlio) di Ificle". Questi due passi riportano notizie se pur simili totalmente false, in quanto prive di qualsiasi riscontro storico e archeologico. Il fatto che i greci riportino queste notizie anche se basate su leggende dimostra che i greci erano rispetto ad altri popoli coevi molto più informati sulla Sardegna. E' probabile che i greci siano stati anche alleati dei sardi nuragici contro Cartagine. Le prime ricerche sui nuraghi sono iniziate molti secoli addietro, ma senza grossi risultai, in quanto tutto si basava su riscontri letterari. Il Canonico Spano uno dei primi studiosi della storia dei nuraghi diceva che "I nuraghi sono state tombe per la sepoltura degli egizi e come templi in cui si adorava il dio sole". La ricerca sui nuraghi è iniziata in modo molto empirico e dilettantistico e  proprio per questa ragione i primi ricercatori sono stati dei prelati, come padre Madau. Il Madau scriveva che i nuraghi erano costruzioni post-diluviane costruite per dare degna sepoltura al mitico Norace, fondatore della città di Nora e altri dignitari del suo seguito. Sui nuraghi a lungo tempo, si è fatto a gara a chi la sparava più grossa. Perfino  il Mannu (il padre secondo molti della storia sarda) sosteneva la tesi secondo la quale il nuraghe era la sepoltura per genti non sarde, ossia per popoli venuti da fuori a conquistatore la Sardegna. Addirittura vi era chi diceva che erano luoghi per il riparo dalla punture delle zanzare. Se ne sparavano veramente di grosse. Questo perché era in atto una sorta di plagio culturale nei confronti dei sardi. Non si voleva far ammettere agli stessi sardi che costruzioni cosi stupende, maestose e imponenti fossero state edificate dai loro lontani antenati, appartenuti ad una grande civiltà: la Civiltà Nuragica. Oggi dei nuraghi sappiamo molto di più anche grazie a nuove metodologie di scavo archeologico, ed a nuovi riscontri storici. Certo ciò che manca e un riscontro documentale scritto  dallo stesso popolo nuragico a causa della mancanza di una scrittura nuragica.