Raffigurazione battaglia di Cormus tra i sardi e i romani |
Nel terzo secolo a. C. la sempre più potente repubblica di Roma nella sua inarrestabile e sfrenata corsa verso l' espansione territoriale riuscì ad impadronirsi della Sardegna. Avvenne nell' anno 238 a. C. L' isola era strategicamente molto importante per la sua dislocazione, e poteva essere una buona base per i commerci e il controllo del Mediterraneo. Fino ad allora Cartagine teneva la Sardegna sotto il proprio controllo. I punici e la popolazione autoctona avevano raggiunto un buon grado di convivenza, perlomeno nelle aree costiere e nelle aree interne pianeggianti. Proprio in queste aree sorsero le prime citta fenicio/puniche: Nora, Caralis, Sylki, Trarros, Cormus, Bithia.
Rimanevano ancora sacche di autonomia nelle zone interne impervie e montagnose. Oramai i punici avevano quasi desistito dal tentativo di sottomettere le popolazioni di queste zone. Le popolazioni che vivevano in questi territori probabilmente continuavano a far uso dei nuraghi. Chissà forse stipularono un qualche accordo che permetteva a entrambi di vivere tranquilli. Il fatto che il cittadino punico Ampsicora vada a chiedere aiuto ai sardi delle montagne (come vedremo più avanti) è la prova che i sardi delle zone interne erano una entità autonoma e indipendente. I romani dopo aver conquistato la Sardegna la sottoposero a una dura oppressione con forti esazioni, che i sardi mal sopportarono. Il tentativo di sottomettere le popolazioni dell' interno dell' isola fu messo in atto anche dai romani, ma con esisti scarsi o nulli. Alle azioni militari dei romani, i sardi facevano seguire imboscate e rappresaglie. I legionari romani erano abilissimi nel combattere frontalmente il nemico perché applicavano strategie ben collaudate, ma quando il nemico compariva all' improvviso si trovavano in forte imbarazzo. I romani avevano affibbiato alle popolazioni dell' interno l' appellativo di "Barbaries" (ancora oggi questo territorio è chiamato Barbagia).
Le popolazioni dei territori che i romani avevano sottomesso furono sottoposte a un sistema di esazione che gli stessi romani chiamavano "DECIMA" . La decima era una pratica esattoriale che i romani applicavano nei confronti delle popolazioni sottomesse, consisteva nel sottrarre la decima parte di quanto veniva prodotto. La Sardegna per Roma era importante per la grande produzione di grano. Nei secoli futuri i romani diedero all' isola l'appellativo di "GRANAIO DI ROMA". Altre produzioni isolane furono assoggettate alla decima; il sale, il sughero e i prodotti della pastorizia. Fu la forte oppressione a spingere i sardi in più occasioni a ribellarsi. La popolazione sarda autoctona fiera e combattiva aveva accettato a malincuore la presenza dei punici sul suolo sardo, ma ora non era più disposta a subire la presenza dei nuovi dominatori. I romani come in precedenza i punici non riuscirono a sottomettere tutta la popolazione sarda. Le popolazioni delle zone interne e montagnose continuarono a vivere autonomamente nell' impronta della loro cultura. Queste popolazioni erano l' ultimo residuato della grande Civiltà Nuragica. Nessuna cultura esterna aveva inquinato la loro cultura. Dopo che i romani conquistarono la Sardegna, i punici residenti nell' isola cercarono l' aiuto dei sardi delle pianure per scacciare i romani e reimpossessarsi dell' isola. Non abbiamo notizie precise e dirette sulla richiesta di aiuto da parte dei punici ai sardi delle montagne tranne che la richiesta di aiuto che venne avanzata dal sardo/punico Ampsicora. Se una tale richiesta fu avanzata è certo che le popolazioni delle zone interne non risposero positivamente. I romani non appena una ribellione veniva messa in atto dai sardo/punici la soffocavano duramente. I soldati romani meglio equipaggiati, e ben organizzati militarmente avevano gioco facile sui sardo/punici non ben armati e men che meno organizzati militarmente. Già a due anni dalla conquista dell' isola i romani dovettero placcare gli animi in più occasioni. Nel 235 a.C. la rivolta fu più sostenuta e le truppe romane dovettero impiegare più energie per placcarla. I sardi sobillati dai cartaginesi che risiedevano nell' isola si ribellarono con maggior convinzione e con più energia rispetto al passato. Ma anche questa rivolta fu repressa con durezza dai soldati romani al cui commando Roma pose Manlio Torquato. I sardi indomiti, fieri e combattiti non chinarono la testa e continuarono a contrastare la presenza dei romani in terra sarda. Sottoposti a una esazione fiscale gravosa e da una sproporzionata prelevazione di grano cercarono in ogni modo di scacciare il dominatore romano. Tra le varie tribù che abitavano la Sardegna non vi era coesione, non riuscivano a far fronte comune e agivano spesso separatamente. Ciò favoriva i romani nell' azione di repressione delle sollevazioni popolari. La mancanza di coesione di sicuro ebbe un ruolo importante negli atti di ribellione che i sardi mettevano in atto per contrastare la presenza dei romani. Probabilmente se i sardi si fossero meglio coalizzati i romani avrebbero avuto vita meno facile. Magari la storia oggi la leggeremo in modo diverso. Roma continuava a tenere la Sardegna sotto una cappa di oppressione con esazioni fiscali sempre più gravose, che venivano mal sopportate dai sardi. Le ribellioni si protrassero per lunghi anni ( 233-232-231-226 e 215 a.C. ). Nell' anno 231 a.C. Roma temendo che i sardi stessero per iniziare una grande rivolta invio in Sardegna un esercito con l' intento di soffocarla nel modo più duro possibile, ne affido il commando a Marco Pomponio Mattone. La spedizione non ebbe successo e le ribellioni continuarono. Al rientro a Roma per Marco Pomponio Mattone non si celebro in Campidoglio nessun trionfo. Le ribellioni vennero represse solo con l' invio in Sardegna nel 225 a.C. del pretore Caio Attilio Regolo. Di rivolta in rivolta si arriva al 215 a.C. anno in cui i sardi attuarono la rivolta più importante. Roma e Cartagine si stavano fronteggiando per contendersi il controllo del Mediterraneo. Cartagine sconfisse i romani con il suo condottiero Annibale. Queste vittorie dei cartaginesi sui romani galvanizzarono i punici di Sardegna, che assumendo più coraggio e decisione, coalizzati con una parte della popolazione sarda insorsero contro i romani. Questa fu in assoluto la rivolta meglio organizzata e con la messa in campo di un grande esercito. La rivolta fu capeggiata da Ampsicora che lo storico romano Tito Livio nella sua opera "Ab urbe condita" definiva "qui tum auctoritate atque opibus longe primis erat" (colui il quale in quel tempo era largamente primo per autorità e ricchezza) .
Ampsicora |
Cormus la citta di Ampsicora |
I quattro giudicati sardi |