lunedì 29 aprile 2013

Sarroch villaggio nuragico di Antigori

di: Angelo Vinci


Nuraghe Antigori a Sarroch
IL NURAGHE ANTIGORI
Percorrendo la strada statale 195 all' altezza del km 19,500 volgendo lo sguardo alla propria destra si nota un piccolo rilievo a 110 mt. slm di altezza. Il costone Nord di questo rilievo è molto scosceso. Inerpicandosi da questo lato per raggiungere la sommità si fatica non poco. La cima è quasi del tutto composta da uno sperone roccioso. Il costone posto a Sud ha un declino verso il fondo meno accentuato. In cima al colle nel lato Nord si trova un nuraghe: il Nuraghe Antigori. Più che di nuraghe si dovrebbe parlare di complesso nuragico. Il complesso  è situato  nella sommità di questo colle. Il complesso era costituito    da un insieme di cortine murarie e di torri. Il suo ingresso si apre sul versante sud del colle. Del complesso nuragico oggi rimane ben poco. L' unica torre che si è conservata intatta con la copertura integra, è sita in cima al colle. Delle torri della parte bassa collegate con il sistema murario non rimane che qualche masso, altrettanto dicasi per le mura. Unico tratto di mura ancora osservabile in parte integro, è nella parte alta del colle quasi addossato alla torre nuragica. Interessanti sono le tracce delle capanne nuragiche  circolari presenti nel piccolo pianoro all' interno delle mura. Nella sommità della torre che si trova in cima alla collina si notano alcuni filari di pietra, ma più che ad ipotetico secondo piano si potrebbe pensare ad una sorta di terrazza con parapetto. Scarterei la presenza in passato di un  piano superiore, in quanto lo spazio disponibile è troppo esiguo per una soluzione simile. Sempre sulla sommità del colle vi sono i ruderi di un edificio di epoca romana. Dovrebbe trattarsi di una struttura al servizio di una guarnigione, posta al controllo del territorio. La posizione è ideale per un simile compito. Di questo edificio non rimane che parte della pavimentazione e delle mura esterne, il tutto in circa 5-6 mq.  Il complesso nuragico di Antigori ha assunto molta i importanza per l' archeologia non tanto per le sue dimensioni, che sono ridotte. Ma piuttosto per la posizione in cui si trova, e principalmente per i rinvenimenti fatti durante le campagne di scavi stratigrafici effettuati. La fortuna archeologica di questo sito è che all' inizio degli scavi gli strati archeologici erano ancora intatti. Questo secondo la mia oppinione potrebbe essere dovuto al fatto che il nuraghe non è facilmente visibile. Forse questo aspetto lo ha messo al riparo da  archeologi dilettanti e senza scrupoli. Sono tanti gli abitanti della zona che non ne conoscono l' esistenza. . Gli scavi di una certa consistenza in questo complesso sono iniziati nel 1980. Da questi primi scavi è stata recuperata ceramica nuragica e micenea. La ceramica micenea che in Sardegna è assai rara, è stata attribuita ad Argolide, Cipro e Creta. La stratigrafia archeologica è databile dal XIV-XIII e al XIII-XII  secolo a.C.






Ricostruzione del villaggio nuragico Anrigori
La grande archeologa Maria Luisa Ferrarese Ceruti ha proseguito la  campagna di scavi che è durata circa sette anni. Fino ad  allora si pensava che la frequentazione da parte dei Greci, della Sardegna avvenisse in modo sporadico  senza  influeire  nella storia isolana. Ebbene gli scavi della Ceruti, hanno permesso di rivedere del tutto la teoria fino ad allora avvalorata in merito ai contati tra il popolo nuragico e il popolo Egeo. Dei popoli mediterranei e dei loro contatti con il popolo nuragico si sapeva tutto o quasi. Perfino i rapporti con gli etruschi cominciavano ad essere più definiti. Ma poco o nulla si sapeva dei contatti tra il popolo nuragico e i Miceni. Con la campagna di scavi della Ferrarese Ceruti e gli studi correlati, abbiamo pottuto avere  una visione più chiara e convincente sul contatto che il popolo nuragico ebbe nel corso del primo millennio avanti Cristo con i popoli mediterranei. Gli studiosi avevano sempre pensato che dopo l' arrivo dei Fenici in Sardegna gli Egei che avevano colonizzato Olbia, fossero andati via a causa della rivalità con gli stessi Fenici. Dagli scavi è emersa una realtà diversa. La presenza greca nell' Isola fu assai più estesa e duratura di quanto non si supponesse. Lo scavo stratigrafico ha consegnato ceramiche Micenee, e ceramiche nuragiche. Ciò che ha suscitato greande  interesse da parte della Ceruti è la collocazione delle  ceramiche.  Erano inserite in una stratigrafia che ha conservato i materiali di produzione nuragica e di imitazione locale dei prodotti d'importazione nello strato riferibile al periodo specifico di produzione ed uso. Il dato che emerge è che non vi fu una dominazione micenea, ma bensì vi furono frequentazioni micenee orientate agli scambi di prodotti. Una frequentazione che, come poi hanno confermato ricerche fatte in altre località, sono durate nel tempo. Questi scambi sono attestati da ritrovamenti di ceramiche nuragiche, e di qualche pane di piombo ritrovati a Creta e Cipro. Questi ritrovamenti nelle isole Egee danno maggior vigore alla tesi da molti sostenuta, secondo la quale i nuragici erano abili naviganti. Il nuraghe Antigori di piccole dimensioni e non molto apariscente, oggi è considerato dagli studiosi e ricercatori  tra le località archeologiche di maggior importanza dell' area mediterranea. Dai risultati degli scavi del nuraghe ci sono pervenuti dati che riscrivono la storia sulla presenza micenea nella Sardegna nuragica. Di seguito espongo qualche dato sui ritrovamenti fatti nel nuraghe. Nello strato in prevalenza nuragico si sono rinvenuti frammenti di ceramica tornita e ceramica grigia, negli strati sovrapposti i rinvenimenti sono riferibili a ceramiche nuragiche miste a ceramiche micenee dipinte. Le ceramiche micenee  si possono distinguere in tre classi: la prima è di frammenti di vasi di produzione micenea continentale di eccellente qualità; una seconda classe è  attribuibile a fabbriche cipriote e cretesi; una terza è tipicamente  di importazione micenea. A ridosso della collina è presente una tomba dei giganti. La frequentazione umana del colle Luas vi fu sicuramente già dalla fase della Cultura di Monte Claro. Questa presenza è attestata da ritrovamenti di ceramica  di Monte Claro avvenuti a inizio anni settanta del secolo scorso durante lavori di ampliamento del parco serbatoi del vicino stabilimento chimico. Quasi sotto la sommità del colle al lato settentrionale è presente una cavità naturale abbastanza ampia e di media profondità. Questa cavità potrebbe essere stata usata come riparo dalle genti della Cultura di Monte Claro che ci hanno fatto pervenire i frammenti di ceramica. Qualche giorno fa ho fatto una ricognizione sul sito. Si trova ancora in ottimo stato conservativo per ciò che attiene alla torre superstite, non si nota nessun decadimento strutturale e questo va benissimo vista l' importanza che ha per il mondo accademico e per gli apassionati. Ma sarebbe opportuno provvedere ad una serie di lavori mirati a rendere più facilmente accessibile il sito. Sono comunque lavori che comportano un impegno di una certa rilevanza sia sul piano finanziario che strutturale, visto la collocazione del sito. Il nuraghe Antigori è un patrimonio enorme per la comunità degli studiosi di storia sarda, ma anche per tutta la comunità locale.






Torre nuragica Antigori e resti delle mura



mercoledì 17 aprile 2013

L' oro nero dell' antichità.

di: Angelo  Vinci

Giacimento di Ossidiana del Monte Arci
L' ossidiana è stata per gli abitanti della Sardegna preistorica  una fonte di ricchezza immensa. Perché fonte di ricchezza ? Quando ancora l'  uomo non aveva scoperto i metalli, costruiva i suoi utensili in pietra o in osso. La difficoltà maggiore veniva riscontrata nella costruzione di utensili da taglio o appuntiti come le frecce o punteruoli. Eco che viene fatta una scoperta che agevola notevolmente la costruzione di questi utensili e  ne migliora  la funzionalità: l' Ossidiana . L' ossidiana è un vetro vulcanico durissimo assai fragile ma che essendo di facile scheggiatura si adatta molto alla produzione di utensili, specie da taglio. Non si rinviene ovunque, ma solo in prossimità di vulcani ove le attività vulcaniche sono cessate  relativamente di recente. Dato che ne viene rinvenuta con molta frequenza nei villaggi preistorici, tramite delle moderne tecniche di analisi  chimico fisiche si può determinare la zona esatta da cui  proviene. La Sardegna costituiva un' importante  centro di approvvigionamento di questo prezioso materiale. Altre zone nel Mediterraneo erano: Lipari e isole  Eolie. La località della Sardegna dove l' ossidiana era presente in abbondanza è il Monte Arci. 

 Ossidiana a Monte Arci

Nella Sardegna del Neolitico Antico il Monte Arci era assai frequentato. Ricchissimo di ossidiana  richiamava genti da tutta la Sardegna e non solo. Gli abili artigiani dell' epoca riuscivano a realizzare utensili di uso quotidiano  (raschiatoi, asce, coltelli) e armi (punte per le frecce e le lance). La diffusione sia dell' ossidiana grezza che degli utensili si diffondeva largamente in tutta la Sardegna ma anche fuori dall' isola. E' stata rinvenuta ossidiana sarda del Monte Arci in Liguria, Francia, Toscana, Corsica, pianura Padana. Per le genti sarde dell' epoca questa risorsa fu una immensa ricchezza. In quei tempi la forma di acquisto/vendita delle merci avveniva con il metodo del baratto. La Sardegna avendo disponibile in gran quantità l' ossidiana non poté che trarne un enorme vantaggio. Era assai ricercata da tutte le genti dentro e fuori dall' isola. Gli scambi di conseguenza erano assai frequenti. Le genti sarde potevano approvvigionarsi di prodotti che non erano disponibili nel territorio sardo utilizzando l' ossidiana come merce di scambio. Questa opportunità permise alle genti di Sardegna dell' epoca di vivere relativamente "meglio" rispetto alle genti d'  oltremare. Insieme all' ossidiana viaggiarono stimoli e innovazioni che investirono tutte le culture delle genti che si susseguirono nel territorio della Sardegna fino all' esordio della grande Civiltà Nuragica. Aspetto non meno importante è la spinta che l' ossidiana diede alle relazioni tra le genti di Sardegna e le genti che abitavano fuori dall' isola. La Sardegna grazie a questo "ORO NERO DELL' ANTICHITA'" divenne il centro della ricerca di nuove idee, esportatrice di tecniche nuove per la realizzazione degli utensili di uso comune. Da  anni si effettuano ricerche archeologiche e archeo-metriche con lo scopo di indagare sulla distribuzione dell’ossidiana del Monte Arci lungo tutto l' arco temporale della preistoria. Qualche dato sul monte Arci: 812 metri di altezza superficie di circa 150 kmq. E' un  massiccio montuoso  formatosi  tra la fine dell’ Era Terziaria e l’inizio del Quaternario. I primi insediamenti umani di questa regione hanno subito dei forti condizionamenti   per la netta impronta che viene conferita  al paesaggio. Nei versanti del monte sotto i boschi secolari di lecci, corbezzoli, roverelle e  macchia di lentisco le ossidiane formatesi da circa 3,25 milioni di anni  si disperdono in diverse località come in una vasta miniera a cielo aperto. Questi giacimenti di ossidiana nono stati uno dei fattori di attrazione per le prime comunità neolitiche (approdati circa settemila anni fa nell'  un’isola) e hanno avuto una notevole importanza per le popolazioni preistoriche del Mediterraneo Occidentale. La Sardegna prima dell' arrivo di queste prime comunità in base a  tutti i rilevamenti archeologici fatti, si è portati a ritenere  che fosse coperta di foreste e disabitata. Questi coloni-pionieri hanno dato avvio al  popolamento. I sardi usano chiamare l' ossidiana "sa perda niedda" o "sa perda crobina".  Tradotto: "la pietra nera" "la pietra corvina". L' ossidiana è un vetro vulcanico scuro e lucente che si forma per il raffreddamento rapido di lave che sono caratterizzate da una forte  composizione acida. La caratteristica omogeneità della struttura di questa roccia e la sua durezza, consentono un elevato controllo della frattura . Questa caratteristica  ne permette una lavorabilità ottima  e permette di applicare diverse tecniche di scheggiatura.  E' stata  una delle materie prime più apprezzate fin dall’ Età della Pietra proprio per la realizzazione di utensili d’uso quotidiano, punte per frecce e lance , lame, perforatori, raschiatoi. L' ossidiana raramente  veniva  levigata per fare  monili e oggetti di ornamento. L' uomo preistorico è rimasto affascinato e conquistato  dalle caratteristiche di grande efficienza dei margini taglienti delle sue schegge, oltreché dall'  esteticità,  dalla colorazione scura brillante e la grande lucentezza.  Nel passaggio dalla preistoria paleolitica all’epoca neolitica, ciò che ha permesso la vasta diffusione di questa risorsa  sono state le reti di scambio delle materie prime, che hanno permesso di raggiungere quei  territori nei quali per la produzione di strumenti erano disponibili  solo rocce che non presentavano caratteristiche di facile lavorabilità e  efficienza   come l' ossidiana.


Ossidiana del Monte Arci

L' ossidiana per le popolazioni preistoriche che  la possedevano era un  simbolo che  indicava un  elevato status sociale. Il Mediterraneo Occidentale è una regione dove  la concentrazione delle fonti di ossidiana risulta più evidente.  L' ossidiana oltre che in Sardegna  si trova infatti circoscritta all’isola di Lipari nell’arcipelago delle Eolie, a Palmarola nelle Isole Ponziane, a Pantelleria. Certo è che le popolazioni che non possedevano l' ossidiana dovevano  essere in  possesso di consolidate capacità di navigazione d’altura, che gli permettevano di raggiungere la Sardegna.  L' ossidiana  conserva inalterata nel tempo la sua composizione, ed  è per questa caratteristica che è studiata da decenni con lo scopo di localizzarne la provenienza e di delineare le forme di contatto e interazione tra le comunità preistoriche nelle più disparate regioni della Terra. E' divenuta la cartina di tornasole privilegiata per lo studio delle interazioni tra popolazioni culturalmente distinte della preistoria. Gli studiosi usano l' ossidiana da tempo come un validissimo  strumento nell' indagine dei livelli di organizzazione sociale ed economica delle comunità preistoriche, che  oltre che a possederne i giacimenti ne hanno  la trasformazione e la diffusione. Gli insediamenti dai quali provengono le ossidiane (scaglionati per un lungo arco di tempo tra il VI e il III millennio a.C.) sono più di mille. Gli studiosi e i ricercatori hanno oggi a disposizione  una consistente banca dati  creata con l' ausilio   delle analisi sulla composizione chimica della materia prima dei singoli manufatti.  I risultati sulle conoscenze relative agli aspetti sociali, ai meccanismi di sfruttamento della risorsa, della produzione, della circolazione e l’uso dei prodotti   non  sono al momento molto soddisfacenti. Alcuni  ricercatori italiani e francesi hanno indagato sulla produzione e consumo dell’ossidiana del Monte Arci in epoca preistorica. Lo scopo dell' indagine era la determinazione della  provenienza  dei manufatti rinvenuti lontano dal Monte Arci.  Dai risultati  è emerso che  sul Monte Arci e nelle zone circostanti  vi erano tre differenti tipologie di depositi di ossidiana. La grande quantità di ossidiana presente sul Monte Arci nel Neolitico  ha permesso  alle genti che abitavano la Sardegna  di avere una organizzazione economica e sociale più evoluta rispetto ad altre genti coeve. Questo ha  fatto si che il loro ruolo fosse assai  rilevante nell’avviare il processo di circolazione dell’ossidiana nell’isola e al di fuori di essa. Ha anche permesso di  collocare precocemente la Sardegna al centro di una vicenda di contatti e di relazioni tra culture diverse. 

Pezzo di Ossidiana del Monte Arci

Da indagini fatte emerge che la produzione litica dei numerosi siti attorno al Monte Arci e la raccolta dell' ossidiana avveniva non in modo selettivo. La scheggiatura per ricavarne utensili di uso immediato avveniva nei villaggi siti attorno al Monte Arci. La capacità tecnica di scheggiatura nel corso del tempo ha subito un progressivo affinamento con produzione di utensili con forme più regolari. La lavorazione dell' ossidiana del Monte Arci la si può collocare alla fine del Neolitico. Queste prime lavorazioni inizialmente sfruttavano il materiale affiorante senza realizzare vere attività di cava. I più grandi centri di lavorazione sono stati riscontrati nel territorio del comune di Pau lungo il versante orientale del Monte Arci. Oggi dallo studio di centinaia di migliaia di scarti di lavorazione i ricercatori potrebbero ottenere la definizione dei criteri di organizzazione, e i vari livelli di specializzazione della produzione. L' ossidiana fu per le genti della Sardegna preistorica  una grande ricchezza, che permetterà alle stesse di avere volumi di scambio con altre genti al difuori dell' isola sempre maggiori.


Vista del Monte Arci




martedì 9 aprile 2013

I Fenici arrivano in Sardegna

di:  Angelo  Vinci                                                                                                          


Necropoli Punica di Tuvixeddu a Cagliari
Quando i Fenici arrivarono in Sardegna avevano già assunto l' identità di popolo  da quattro secoli e avevano iniziato la loro espansione nel Mediterraneo. Erano un popolo ma non vi era, ne uno stato ne  una nazione a loro attribuibile. Erano dislocati lungo tutta la fascia costiera che oggi comprendete l' attuale Libano e che veniva chiamata  Fenicia. Non esisteva uno stato, ma piuttosto tante città stato accomunate dagli stessi culti religiosi, da identici usi e costumi e dalla stessa economia: il commercio. La peculiarità di questo popolo era il saper andare per mare con grande maestria. Erano furbi, abili, intraprendenti ed abilissimi nel commercio. La leggenda storica li vuole come coloro che   inventarono la porpora e il vetro e perfino l' alfabeto. Non ci sono pervenuti  dati documentali certi  e incontrovertibili in merito. I Fenici muovendosi per mare erano soliti insediarsi inizialmente a piccoli gruppi lungo le coste dei luoghi ove approdavano. Praticavano il commercio con le popolazioni autoctone. Quando era possibile sfruttavano le risorse locali. I Fenici non erano un popolo bellicoso, prediligevano la convivenza pacifica con le popolazioni indigene. In Sardegna un po' ovunque vi sono testimonianze della presenza dei Fenici. Calaris, Sulky, Octa, Neapolis, Nora Bithia, Cormus, Tarros sono gli insediamenti più importanti. Cartagine  apri un nuovo periodo della storia del popolo Fenicio e divenne la vera padrona incontrastata del Mare Mediterraneo. Cartagine venne fondata dai fenici della città di Tiro lungo la costa tunisina. Non vennero più chiamati Fenici ma Punici. La sua potenza economico/militare crebbe assai in fretta e inizio ad occupare un po' tutte le coste del Mare Mediterraneo. Il suo dominio duro per circa 400 anni. Termino quando Roma che era in piena fase espansiva la sconfisse definitivamente  nel 238 a. C. . In Sardegna la dominazione punica duro 300 anni. La governance dell' isola in questo periodo subirà delle novità che essenzialmente riguarderanno, l' urbanistica, i riti religiosi e di sepoltura ( grande testimonianza è data dalla necropoli di Tuvixeddu a Cagliari). In quanto ad urbanistica la città di Tarros ci offre la testimonianza di un  aspetto urbanistico ordinato tipico delle città fenice.  Cartaginesi, Fenici, Punici ma erano lo stesso popolo ?. Certamente appartenevano allo stesso popolo. Andiamo per gradi. I Fenici erano un popolo di origine semitica che occuparono una striscia di terra assai arida posta tra le  montagne del libano e il Mare Mediterraneo. Questa striscia di terra  non era adatta all' agricoltura, proprio per la sua natura arida. Ma aveva  delle coste ricche di approdi naturali. Nel periodo di massimo sviluppo della civiltà nuragica, intorno al X secolo a.C., la Sardegna cominciò ad essere frequentata da altre popolazioni mediterranee che istaurarono con i sardi una serie di rapporti, inizialmente solo commerciali, poi anche politici e militari; i primi furono i Fenici.  La Fenicia era un'arida striscia di terra tra i monti del Libano e il mare, nel bacino orientale del Mediterraneo; non adatta all'agricoltura, era invece ricca di coste che facilitavano i viaggi. Fu così che i Fenici, popolazione d'origine semitica, si dedicarono alla navigazione e al commercio, arrivando a spingersi addirittura oltre lo stretto di Gibilterra. Durante i loro viaggi approdavano sui litorali stranieri, fondando numerose colonie che divennero importanti basi commerciali.
Attratti dalla fertilità del suolo e dalla ricchezza delle miniere, fra il 1000 e il 900 a.C. raggiunsero anche le coste sarde.  Nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari è conservata una colonna sepolcrale risalente al IX secolo a.C. (la stele di Nora),  in cui si ricorda l'erezione di un tempio al dio cipriota Pumay.  In questa stele compare per la prima volta il nome "Sardegna". Non  esattamente come lo conosciamo oggi ma bensì con il toponimo SHRDN,  che  come in tutte le lingue semitiche manca di vocali. Inizialmente i Fenici crearono piccoli centri che vennero utilizzati come scali marittimi. Nel giro di un secolo questi insediamenti si trasformarono in città vere e proprie. Karalis, Nora, Bithia, Tharros, Sulcis. Queste erano gli insediamenti che divennero i punti di riferimento per i traffici nel Mediterraneo quando ancora  l'impero Romano  non aveva preso il dominio di tutto il Mediterraneo. Altri centri minori   svolsero un ruolo di rilievo: è il caso di Othoca, e Cornus presso Oristano, di Neapolis nei pressi di Santa Maria di Nabui e di Monte Sirai presso Carbonia.   I rapporti tra le popolazioni nuragiche e i Fenici si ipotizza furono  pacifici anche perché i Fenici per loro indole non erano bellicosi. Depone a favore di questa tesi, la collocazione  delle città fenicie. Erano collocate quasi tutte in zone costiere,  in cui non esistevano precedenti insediamenti nuragici. Ciò fa pensare che i nuragici li lasciassero fare proprio per assenza di conflittualità  fra i due popoli. Si suppone invece che ci fosse un rapporto di collaborazione e di scambio commerciale.  I nuragici dal contatto con i Fenici ebbero dei  vantaggi, sia di carattere spirituale sia materiale. Oltre alla scrittura i Nuragici conobbero la concezione di  città, e  una  diversa forma di  organizzazione sociale della comunità, che  per loro era nuova, conobbero  anche divinità diverse rispetto a quelle che avevano adorato per secoli. Ne trassero vantaggio le  condizioni di vita dei nuragici, che impararono dal popolo Fenicio a sfruttare più a fondo le risorse naturali. I Fenici introdussero  la coltivazione della palma, dell'ulivo, le tecniche per la produzione del sale, e per la pratica della pesca. Uno dei vantaggi maggiori i Nuragici lo ebbero dall' apprendimento dello sfruttamento dei  giacimenti minerari che nell' isola erano enormi. Gli venne  fatto conoscere il ferro e l'oro. Nell' isola i Fenici fecero arrivare i  prodotti esotici: calderoni e porta torce bronzei, raffinate ceramiche e vasetti di olio profumato.



Rotte dei Fenici nel Mediterraneo

IL PERIODO PUNICO
Quando i fenici avevano raggiunto una buona intesa con il popolo nuragico, quasi a fondersi in un unico popolo (di sicuro nei centri costieri), dal mare arrivarono altre genti della stessa stirpe dei Fenici: i Cartaginesi. La  politica di espansione  nel mediterraneo di Cartagine era  senza limiti. Verso la meta del VI secolo a.C. rivolge le proprie mire espansionistiche verso la Sardegna, che riesce a conquistare nel 510 a.C. Iniziarono da subito ha stabilire nuovi insediamenti un po' ovunque nel territorio isolano. Aumentarono  ancor più lo sfruttamento del territorio e delle risorse naturali, che la Sardegna offriva. I nuovi insediamenti diventano sempre più prosperosi, una testimonianza ci viene dalle ceramiche e dalle oreficerie di impronta greca rinvenute. Nel campo religioso ugualmente si hanno influenze greche. La produzione artistica subisce un nuovo impulso con realizzazioni di oggetti legati all' ornamento personale fatti in pasta vitrea o in oro. Nonostante questi sconvolgimenti la civiltà nuragica riuscì a conservare la propria tradizione culturale per quasi tutta la dominazione punica. La conquista della Sardegna da parte dei punici che non fu ne rapida, e tanto meno facile. Le truppe del popolo nuragico con tenacia  aiutate dai fenici che da tempo risiedevano nell' isola tennero testa in più occasioni alle truppe di Cartagine. Nel 545-535 a.C. respinsero un tentativo del generale cartaginese Malco. I cartaginesi tentarono in altre occasioni la conquista della Sardegna, ma senza risultato. Solo nel 509 a.C. con le campagne militari dei generali Asdrubale e Amilcare riuscirono nell'  intento. A seguito di questo una parte dei sardi nuragici si rifugio verso le zone interne dell' isola, riuscendo a mantenere una certa indipendenza fino alla conquista da parte di Roma dell' isola avvenuta nel 216 a.C.


Rovine di Cartagine
 A Cagliari è sicuramente il sito archeologico più importante, e il più esteso. E' considerata la necropoli punica più grande del Mediterraneo.  Si estende sulla sommità dell' omonimo colle a ridosso del rione Sant' Avendrace. Nel corso dei secoli è stata metà di predazioni da parte dei tombaroli, che oltre  a depredare hanno anche arrecato danni alle strutture delle tombe. Le tombe sono del tipo "ipogeo" cioè sotto il livello del terreno. E' un' immenso patrimonio storico che però non è mai stato conservato e preservato nella giusta misura. Ha sollevato tanto clamore qualche anno addietro la vicenda dei palazzi da costruire a ridosso dell' area archeologica.  Il nome Tivixeddu si può attribuire alla definizione che in lingua sarda viene data ai fori, al vuoto o cavità: TUVU. La presenza di tante cavità dovute alla  presenza delle tombe ha dato origine al nome. 

Torre del Coltelazzo
NORA LA PRIMA CITTA' PUNICA
Probabilmente dove oggi si trovano le rovine della città di Nora doveva esserci un insediamento di popolazioni nuragiche. Questa ipotesi viene avanzata a seguito di alcuni ritrovamenti fatti. Sono stati rinvenuti frammenti di ceramiche nuragiche  ma  ciò che rafforza maggiormente l' ipotesi della presenza di popolazione nuragica, è il  rinvenimento di un pozzo nuragico accanto alle terme a mare, e la quasi sicura presenza di un nuraghe ove sorge la torre del Coltelazzo. I resti di un piccolo nuraghe si trovano a non molta distanza  dalle rovine di Nora, sul colle di Guardia Mongiasca. Lo storico greco Pausania ci da notizie che si possono ritenere più sicure. Secondo lo storico greco, un gruppo di Iberici guidati da un condottiero di nome Norax sbarcarono in Sardegna e fondarono la loro prima città: Nora appunto. Questa fonte storica può avere fondatezza dato che i fenici già controllavano i commerci della penisola iberica.  Alcune epigrafi (iscrizioni su pietra) fenicie dell’VIII secolo a. C. ritrovate a Nora indicano questa città come la prima della Sardegna. Il luogo in cui edificare la città di Nora fu scelto dai Fenici, in quanto corrispondeva alle loro esigenze. I fenici prediligevano posti ove erano possibili gli approdi in due lati opposti. La prima area urbana probabilmente era il colle del Coltelazzo che fu edificato attorno al 750 a.C. La convivenza con i nuragici fu tranquilla, e ciò permise l' ampliamento della città fino ad occupare tutta la penisola. Assai probabilmente gli abitanti nuragici del luogo formarono una unica entità urbana assieme ai fenici. I nuragici non considerarono mai i Fenici come invasori. Nora passo sotto il dominio Cartaginese nel 509 a.C. Da rilevare che a Nora i resti del periodo di dominazione cartaginese non sono molti, perché dopo la conquista romana vi fu una sovrapposizione di strutture e un riutilizzo di materiali. Nora nel periodo punico divenne una città ricca e potente a livello commerciale. La ricchezza si desume dal ricco corredo delle tombe. Quando nel 238 a.C.  Roma conquisto la Sardegna Nora divenne la città più importante della Sardegna e sede del governatorato e "caput viae" cioè luogo da dove inizia una strada. Nel VII secolo d.C. iniziarono le scorrerie dei pirati saraceni ed oramai Nora veniva considerata più un presidium (fortezza militare) che un centro urbano. Nell’VIII secolo d.C. ci sono tracce di un incendio nella zona delle terme a mare. Poi l’area fu definitivamente abbandonata.

Rovine di Nora







venerdì 5 aprile 2013

Dalle Origini al Paleolitico

di:  Angelo  Vinci    
                                                                                                         
 


 
 Vi siete mai posti questa domanda ? Ma la Sardegna geologicamente da quanto esiste ? La Sardegna è una delle terre emerse più vecchie del mondo. Ma pur essendo una delle terre emerse più vecchie del mondo non sempre ha occupato la posizione attuale nel Mare Mediterraneo. Da uno studio fatto da alcuni ricercatori olandesi di qualche anno fa, è risultato che la Sardegna era parte integrante della costa Nord-Orientale della penisola Iberica. Circa 29 milioni di anni fa iniziò l' allontanamento dalla costa Iberica e la rotazione, che porto alla posizione attuale. Questa operazione durò circa 13 milioni di anni, e si concluse nel Miocene inferiore. La posizione della Sardegna ha assunto una grandissima importanza, in quanto ha permesso ai popoli antichi nelle loro migrazioni via mare dal Sud Mediterraneo al Nord Mediterraneo, di sfruttare questa direttrice e di avere nella Sardegna un punto di appoggio. Non vi è dubbio che la Sardegna sia stata un ponte ideale per le migrazioni delle genti che provenivano dalle coste del Nord Africa e che si affacciano nel Mediterraneo. Sul finire della sua evoluzione geologica in Sardegna l' attività vulcanica andava diminuendo e le stesse divenivano più tranquille. Al cessare delle attività vulcaniche vi fu un susseguirsi di immersioni ed emersioni che portarono alla conformazione geologica che oggi conosciamo. Altro aspetto è che assai probabilmente mentre tutto ciò avveniva l' uomo aveva già fatto la sua comparsa sulla terra. Secondo il parere degli studiosi la Sardegna inizia la sua evoluzione geologica tra 520 e 488 milioni di fa nell' era Paleozoica in pieno Cambriano. In Questo lungo periodo geologico si formano le foreste pietrificate di Zuri e di Martis come pure la pianura (o con termine geologico fossa) del Campidano. Il monte Arci diviene un importante vulcano. Il monte Arci per le antiche popolazioni della Sardegna (e forse non solo) diverrà una enorme fonte di ossidiana. L' ossidiana è un vetro vulcanico che i popoli antichi usavano per la costruzione dei loro utensili, specie da taglio e da incisione.  L' Ossidiana era considerata "l' oro nero" della Preistoria.
Pezzo grezzo di ossidiana







Fino al 1830 la Preistoria non aveva una divisione che ne distinguesse i vari periodi evolutivi. Furono alcuni archeologi danesi che proposero di dividere la preistoria in tre periodi: "Età della Pietra,  Età del Bronzo e Età del Ferro" . Queste suddivisioni corrispondevano al tipo di materiale usato per la costruzione degli oggetti di uso comune. Oggi usiamo due termini Paleolitico e Neolitico Sono stai proposti da un archeologo inglese John Lubbock nel 1865.
Nelle culture più antiche  l' industria principale era riferibile alla lavorazione della pietra, del legno, delle ossa e altri materiali certamente deperibili. Queste culture vengono indicate utilizzando il termine Paleolitico (pietra antica). Il Paleolitico si estende per quasi tutta l' era geologica del Quaternario. Questa era geologica fu assai tumultuosa, in quanto caratterizzata da sconvolgimenti dell' assetto geologico. Vi furono un susseguirsi di glaciazioni, mutamento del livello dei mari, continue eruzioni vulcaniche, movimenti locali del suolo. Le glaciazioni ebbero diretta conseguenza nell' emersione di nuove terre. Le nuove terre emerse permisero di mettere in contatto tra loro quelle terre che fino ad allora erano rimaste isolate. La conseguenza di ciò fu il passaggio di flora fauna e popolazioni da una terra all' altra. Le attività economiche delle popolazioni di questo periodo erano essenzialmente basate sulla pesca, sulla caccia e la raccolta spontanea dei prodotti vegetali. L' allevamento degli animali e l' agricoltura era del tutto assente.
 
Statuetta di Cuccuru Mannu
 
 L' uomo in Sardegna quasi certamente fa la sua comparsa  già dal Paleolitico. Le testimonianze non mancano. La prima attestazione della presenza umana già dal Paleolitico risale alla fine degli anni settanta del secolo scorso. Un ricercatore dilettante milanese durante la perlustrazione dell' alveo del fiume Altana, nel comune di Perfugas), trovo alcuni strumenti di pietra risalenti al Paleolitico. Questa fu una scoperta che permise di rivedere la teoria secondo cui l' uomo apparve in Sardegna non prima del Neolitico. Gli studiosi iniziarono a chiedersi come fosse potuto arrivare l' uomo in Sardegna. Dal continente ? Dalla Corsica ? Forse dalla penisola Iberica dalle isole Baleari ? . Una risposta certa non si può avere. Oltre che ai ritrovamenti del fiume Altana, ci sono stati altri ritrovamenti in altri siti che attestano la presenza umana in Sardegna nel Paleolitico. Tra i più importanti  vi sono: Sa Coa e Sa Multa e Sa Pedrosa-Pantallinu presso Laerru.
 
Reperti in selce e in osso
 
 
 


L' uomo arriva in Sardegna

di:  Angelo  Vinci                                                                                                         

Menhir di Pranu-Mateddu a Goni

LE PRIME SCOPERTE
Le prime scoperte che presuppongono la presenza dell' uomo in Sardegna, furono fatte nei pressi di Perfugas attorno alla fine degli anni settanta del secolo scorso. Furono rinvenuti oggetti litici con una lavorazione grezza, fatta sicuramente da mano umana. Questi ritrovamenti hanno fatto si che la collocazione temporale della presenza umana in Sardegna, fosse rivista anticipandola di almeno qualche migliaio di anni. Quasi tutti gli studiosi prima di questi ritrovamenti erano concordi nell' affermare che, la Sardegna pur essendo una terra geologicamente molto vecchia, avesse visto la prima presenza umana assai in ritardo rispetto alle altre regioni Italiane. Perfino un illustre studioso quale era il Prof. Giovanni Lilliu,  (che ritengo sia stato il più grande studioso della preistoria sarda) in un suo famoso testo (LA CIVILTA' DEI SARDI) diceva " l' uomo arriva relativamente molto tardi in Sardegna e soltanto nel Neolitico  e per quanto si  sa, in nuclei isolati a popolamento di  carattere episodico".
Utensile fatto con scheggia di selce
Ma la prova inconfutabile della presenza umana sul territorio della Sardegna si è avuta con il ritrovamento presso la grotta Corbeddu (nel comune di Oliena), di una falange umana di arto superiore. Questo ritrovamento ha fugato ogni dubbio sulla presenza umana antecedente al Neolitico.  A seguito di questo rinvenimento sono state intensificate le ricerche, ma a dire il vero con scarsi risultati. Non sono stati fatti altri ritrovamenti di una certa rilevanza come avvenuto nella grotta Corbeddu. Nei siti di Perfugas e Laerru  sono stati fatti dei ritrovamenti di materiale litico (in pietra), con una lavorazione più o meno rifinita. Sicuramente la lavorazione di questi strumenti è di mano umana. A Laerru nel corso della campagna di scavi stratigrafici tra il 1981-1982 e fine anni 90 nei siti di Sa Coa de Sa Multa e Sa Perdosa-Pantallinu, sono state portate alla luce aree assai vaste ricche di materia prima (selce) per la realizzazione dei manufatti. Sono stati trovati anche dei blocchi di selce appena abbozzati. Ciò fa presupporre che in loco si estraesse la selce che affiorava in abbondanza e che se ne facesse una prima sgrossatura. Stando alle analisi del suolo effettuate questi  due  siti dovrebbero collocarsi nel Paleolitico Inferiore. Sia Sa Coa de Sa Multa che Sa Pedrosa-Pantallinu si possono inquadrare nel filone culturale  del Clactoniano. Un filone culturale che deriva in suo nome dalla località di Clacton nella Gran Bretagna,  caratterizzato  dalla costruzione di oggetti o utensili su scheggia. Per gli appassionati di preistoria sarda presso il Museo Sanna di Sassari si possono osservare gli oggetti ritrovati in questi siti.  Ma come si fa a stabilire l' età degli oggetti ritrovati ?. A partire dagli anni 50 del secolo scorso per determinare l' età di un reperto viene utilizzato il metodo cosiddetto al Carbonio 14 (C14), che permette di ricercare nel campione sotto esame il residuo di C14. Il  metodo è applicabile a tutti quei materiali che contengono C14,  quali resti umani,  animali, vegetali, legno, carbone semi ed altro purché contenga C14.
Ogni organismo vivente contiene una certa quantità di C14, che diminuisce in modo  graduale dal momento  in cui l' organismo cessa di vivere. Con il metodo al C14 non si fa altro che determinare, quando si è interrotto lo scambio con l' atmosfera circostante.
Pietra di selce
COME E DA DOVE L' UOMO ARRIVA IN SARDEGNA ?
I dati che fino ad ora sono disponibili sono derivati prevalentemente dai ritrovamenti fatti nella Sardegna centro-settentrionale. Ciò depone a favore della presunta direttrice di arrivo dell' uomo in Sardegna, cioè Sardo_Corso-Toscano o anche dalla Sardo-Corso-Ligure. Anche se molto meno probabile, un' altra  direttrice potrebbe essere la Sardo-Corso-Iberica. Le ultime due direttrici hanno la discriminante  della lunga distanza. Un contributo alla migrazione dalla penisola Italica possono averlo dato le continue mutazioni geologiche che durante il Pleistocene (da 2 milioni a 10.000 anni fa)  erano assai frequenti e che comportavano un alternarsi di emersioni ed imersioni causate dalle oscillazioni del livello del Mare Mediterraneo. Durante la regressione del livello del mare è probabile che si siano formate delle isolette. Verosimilmente gli uomini provenienti dalla penisola si spostavano da una isola all' altra con delle rudimentali zattere, fino a raggiungere la Corsica. Dalla Corsica potevano raggiungere la Sardegna a piedi data la esigua distanza, ma anche sicuramente perché  lo stretto di Bonifacio, che oggi è ricoperto dall' acqua si presentava come un lembo di terra emersa.
Scavi nella grotta Corbeddu
Per ciò che riguarda la presenza umana in Sardegna nel Mesolitico  si hanno scarse testimonianze. Ciò potrebbe essere dovuto alla ridotta consistenza numerica delle popolazioni stesse. Potrebbe essere dovuto sia ad eventi geologici (terremoti eruzioni vulcaniche, maremoti) che avrebbero decimato la popolazione. Ma una ipotesi potrebbe essere la migrazione inversa verso la Corsica, dato che in Corsica la presenza umana nel Mesolitico è molto attestata. I ritrovamenti di una certa consistenza riferibili al Mesolitico sono stati fatti presso la grotta Corbeddu nel comune di Oliena. In questo sito sono stati trovati oggetti litici ed ossei. I ritrovamenti più importanti sono  un osso temporale di cranio  e un osso mascellare di appartenenza umana. Altri siti  importanti per i ritrovamenti fatti Sono:
Grotta di Su Coluru a Laerru - Riparo di Porto Leccio a Trinità d' Agultu - Sa Coa de Sa Multa a Perfugas.                                     
Dai pochi elementi che si ha disponibili a tutto oggi non ci è permesso  di ipotizzare quale fosse il tipo di economia che esisteva in nel periodo. Sono poche le  parti di scheletro umano,  di strumenti litici a disposizione degli studiosi. Gli strumenti litici ritrovati nel contesto dei siti, sono realizzati in selce o calcare  silicato. Caratteristica di questi oggetti è la la lavorazione più o meno accurata con dimensioni piccole talvolta anche piccolissime. L' alimentazione era basata essenzialmente da quanto offriva spontaneamente la natura. Particolare importante è il ritrovamento nelle grotte o nei  ripari di abbondanti ossa  di un roditore che oggi è estinto: Prolagus Sardus. Ciò darebbe forza alll' ipotesi che si cibassero con le carni di questo animale. Altra probabile ipotesi in merito allo scarso ritrovamento di testimonianze della presenza umana in Sardegna nel Mesolitico, è che  gruppi non numerosi di uomini si spostassero in mare con zattere o cose simili e occupavano sporadicamente zone costiere rimanendovi fino a che le risorse disponibili non fossero esaurite.

Prelagus Sardus