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Graffito trovato in una Domus de Janas |
Le genti dell' epoca
nuragica come tutte le popolazioni della preistoria si affidavano per
il proprio sostentamento alimentare essenzialmente a forme primitive di agricoltura
e allevamento, anche la pesca che veniva praticata sia
nelle acque interne che in mare contribuiva al sostentamento alimentare. Che in epoca nuragica si praticasse
l' agricoltura è testimoniato dai tanti ritrovamenti di attrezzi in bronzo
(zappe, falcetti, rastrelli) che sono normalmente usati in agricoltura. Tali
attrezzi sono stati trovati sia nei nuraghi che nei villaggi e in
altri siti di epoca nuragica. Lo strumento principe dell' agricoltore l' aratro non è
stato rinvenuto probabilmente perché il materiale con cui veniva
costruito era il legno e si sa che dopo un periodo cosi lungo tale
materiale va in degradato e difficilmente può arrivare ai giorni nostri. Anche altri popoli coevi al popolo
nuragico che praticavano l' agricoltura non ci hanno fatto
pervenire alcuna testimonianza diretta (rinvenimento dello strumento) dell' uso di tale strumento. I
cereali è accertato furono alla base dell' alimentazione della
popolazione nuragica (come d'altronde lo era per tutti i popoli della protostoria). Il farro e il grano erano predominanti nel consumo
rispetto all' avena e all' orzo. La prova del consumo di questi
cereali ci viene data dal rinvenimento di semi carbonizzati fatti in
alcuni nuraghi e villaggi nuragici. Inizialmente fu il farro il
cereale maggiormente coltivato, per poi essere soppiantato dal grano e
dall' orzo. Il grano divenne predominante nelle colture agricole. Si può ipotizzare che venissero coltivati ortaggi e erbe che
le popolazioni indigene avevano "domesticato" prima della nascita della Civiltà
Nuragica. I ritrovamenti e i test scientifici fatti fino a oggi non ci consentono di avere la certezza che la coltivazione degli ortaggi fosse una pratica in uso presso il popolo nuragico. Dobbiamo comunque presupporre che alcuni ortaggi venissero coltivati.
Per ciò che attiene alla coltivazione degli alberi da frutta di
sicuro possiamo affermare che venivano coltivati il fico, la vite, l'
ulivo forse il mandorlo e il pero. Non abbiamo disponibili dei ritrovamenti di semi carbonizzati che ci
possano permettere di attestare con certezza la coltivazione di altre piante da
frutta. L' ulivo
è una delle prime piante (assieme al fico e alla palma da datteri)
che l' uomo riuscì a domesticare. Il ritrovamento di noccioli di
oliva carbonizzati fatto nel nuraghe Duos Nuraghes a Borore e nel
villaggio nuragico di Su Putzu a Orroli, ci permettono di affermare
con certezza che l' ulivo veniva coltivato in epoca nuragica.
Inoltre
questi ritrovamenti ci inducono ad ipotizzare la presenza di noccioli
di oliva anche in altri nuraghi non ancora scavati approfonditamente.
L' analisi dei pollini fatta presso il nuraghe Arrubiu di Orroli ha
permesso di attestare con certezza che attorno al nuraghe erano
presenti piante di olivo. Questa analisi ha una grande importanza
in quanto ci consente di stabilire che l' ulivo veniva coltivato
dalle genti che risiedevano nel nuraghe o nelle sue vicinanze. I noccioli ritrovati nel nuraghe Duos Nuraghes a Orroli potrebbero
essere di olive importate da altri luoghi, il che dimostrerebbe l' esistenza di un commercio di tale prodotto sia interno che esterno all'
isola (anche se ritengo sia molto improbabile la seconda ipotesi). Da porre in risalto anche il ritrovamento di
un tronco di olivastro nella torre centrale del nuraghe Su Nuraxi a
Barumini. Dall' esame al C14 è risultata una datazione al 1.475 a.C. Perché
ritengo interessante questo ritrovamento? Perché come risaputo l'
olivastro e una diretta emanazione dell' olivo. Dove sul territorio
sono presenti le piante di olivo non manca la presenza degli
olivastri. Gli olivastri crescono perché vengono rilasciati sul
terreno i noccioli, portati da uccelli, uomo o altri animali. Quindi
se era presente l' olivastro (rinvenimento tronco di olivastro a
Barumini) la coltivazione dell' olivo era ovvia e conseguente in quel territorio.
Tutti
questi riscontri sono la prova che l' olivo era coltivato dal popolo
nuragico. Nella Sardegna del periodo nuragico l' olio veniva prodotto
in quantità tale da soddisfare il fabbisogno locale, ma e assai
probabile che esistesse un commercio esterno e interno, essenzialmente basato
sul baratto. Le popolazioni dell' isola delle zone con abbondante produzione di
olio, ma con scarsa produzione di formaggi scambiavano il loro olio
con il formaggio o altri prodotti. La pratica commerciale del baratto era in auge tra
i popoli della protostoria. Ho indicato non a caso l' olio e il
formaggio perché ritengo che siano questi i prodotti maggiormente
significativi del sistema agro/pastorale dell' epoca nuragica. Il
ritrovamento di tipici contenitori per olio in terracotta di
fabbricazione micenea, cipriota o cretese presso il nuraghe Arrubiu
di Orroli e Antigori a Sarroch ci porterebbe a ipotizzare una probabile
importazione di olio da quei territori. Credo invece che tali
contenitori siano sati utilizzati per esportare l' olio fuori dall'
isola. Tali contenitori potrebbero aver
contenuto prodotti importati dai territori menzionati e frutto di
scambi commerciali. Per lungo tempo si è
dibattuto sulla possibile coltivazione della vite in epoca nuragica.
Oggi confortati dagli ultimi ritrovamenti si può affermare con
certezza che la vite veniva coltiva dal popolo nuragico già molto prima
che arrivassero i Fenici. Fino a non molto tempo fa era opinione
comune pensare che la vite e la vinificazione in Sardegna avesse
avuto inizio con l' arrivo dei Fenici. Questa scuola di pensiero si reggeva sulla mancanza di prove e indizi che dimostrassero il
contrario. Attualmente disponiamo di prove che ci permettono di
affermare che in epoca nuragica la vite (vitis vinifera) era
conosciuta e coltivata già dal 1.400 a.C. Una prova ci viene dal
ritrovamento di vinaccioli di vite coltivata sia nel nuraghe Duos
Nuraghes che nel villaggio Adoni a Villanovatulo e Genna Maria a
Villanovafranaca. Le prove e gli indizi non finiscono qui.
Recentemente (2010) durante dei lavori stradali in località Sa Osa
nel comune di Cabras (Oristano) sono stati rinvenuti numerosissimi semi
di uva all' interno di un pozzo di età nuragica. Pozzo dove gli
antichi nuragici conservano le derrate alimentari. Nel nuraghe Bau
Nuraxi sito nel comune di Trei si è provveduto ad effettuare un'
analisi dei pollini attorno al nuraghe. Il responso dell' analisi ha permesso di appurare che la
vite domestica (vitis vinifera) veniva coltivata nell' area attorno al nuraghe dalle
genti che vivevano nel nuraghe e attorno ad esso. Queste innumerevoli
prove attestano da sole che il popolo nuragico coltivava la vite.
Abbiamo quindi appurato che i nuragici coltivavano la vite. Ma la
vinificazione era una pratica in uso? A questa domanda si può rispondere in modo affermativo. Se ci atteniamo alle prove (a dire il
vero non molte ma di rilievo) disponibili possiamo dire con quasi certezza che il vino veniva prodotto dai nuragici. Non abbiamo la prova diretta della
produzione del vino, in quanto come è abbastanza ovvio il vino non
sarebbe mai potuto arrivare ai giorni nostri. Abbiamo però disponibili
indizi che possono far presupporre la vinificazione dell' uva. Un'
indizio importate è il ritrovamento di una brocca (non intera, ma in
più frammenti) fatto nel nuraghe Bau Nuraxi a Trei. L' importanza di
tale brocca risiede nell' acido tartarico presente nei vari frammenti.
L' acido tartarico è risaputo si forma nei recipienti che hanno
contenuto del vino. La brocca è stata datata attorno al 1.000 a.C.
In piena epoca nuragica. Con molta probabilità la vinificazione
avveniva in quasi tutto il territorio dell' isola. Solo le zone
particolarmente impervie ne venivano escluse. In Sardegna in epoca
nuragica un commercio del vino interno alla stessa isola era
sicuramente praticato. Un' ipotesi da non trascurare, ma più che una ipotesi
potrebbe essere stata una realtà è l' esportazione del vino in altri
territori. Il fatto che i contenitori siano di tipo askoide è
molto importante, in quanto furono i contenitori tipici per il vino in quel
periodo. Voglio ora riallacciarmi a
quanto accennato in precedenza sul sito di Sa Osa presso
Cabras. Ciò che gli archeologi hanno riportato alla luce ha
importanza immensa nel panorama archeologico sardo, in particolare sull'
aspetto delle produzioni agricole nel periodo nuragico. I
ritrovamenti non sono avvenuti nel corso di una campagna di scavi
organizzata, ma in modo fortuito nel coso di lavori stradali.
Durante la movimentazione della terra per la realizzazione di opere
stradali ( in una zona che per altro presenta un terreno abbastanza
umido) è stato riportato alla luce un insediamento nuragico da far
risalire all' età del bronzo (1.200 a.C). Il sito con quanto ci
ha restituito permetterà una nuova riscrittura di quelle che erano le colture
agricole, e delle abitudini alimentari in epoca nuragica. Il
ritrovamento congiunto di semi di fico e uva ci induce a pensare che
in epoca nuragica allo scopo di aumentare la gradazione zuccherina
del vino si aggiungessero dei fichi. Questa era una pratica in uso
presso i viticoltori sardi fino a non molto tempo fa. Sarebbe questa
un' altra usanza che come tante, dall' epoca nuragica sono arrivate ai nostri giorni. Si è sempre pensato (anche per mancanza di
prove chiare) che il vino fosse stato portato in Sardegna dai Fenici
o dai Miceni. Quest' ultima scoperta ci dice che no fu cosi.
I contenitori per il trasporto e conservazione dei liquidi
maggiormente utilizzati in epoca nuragica, erano delle brocche a collo
stretto decentrato rispetto al resto del corpo brocca. Queste brocche
vengono definite di tipo “ASKOIDE”. Ne sono state rinvenute molte nei
nuraghi e in altri siti riferibili all' epoca nuragica e quasi tutti
in ceramica con decorazione a motivi geometrici. Qualche brocca
ASKOIDE è stata rinvenuta anche in bronzo. Brocche di fattura nuragica
adatte al trasporto dei liquidi sono state rinvenute un po
dappertutto nel Mediterraneo: penisola Iberica,
Etruria, Sicilia, Creta, Cartagine.
Per ciò che attiene alle
altre colture agricole non sono disponibili prove dirette o indizi
che ci possano condurre ad una attestazione certa di questa o quella
coltura. Il pero e il mandorlo sicuramente furono coltivati. Probabili
anche la coltivazione di ortaggi e altre piante fruttifere. Possiamo affermare che l' agricoltura era una attività preminente nella società nuragica. La produzione di olio, vino e cereali (grano in primis) era presente in quasi tutto il territorio isolano. Allora (come ai giorni nostri) la Sardegna era un' esportatrice di questi prodotti della terra. L' archeologo moderno non ha solo la piccozza a sua disposizione, ma metodi e strumenti di analisi che gli permettono di avere nuove certezze sui rinvenimenti fatti. Oggi grazie a questi nuovi mezzi si sta riscrivendo la storia delle abitudini e usi delle genti che nella protostoria abitarono la Sardegna.