Unico in Italia e in Europa il ziggurat che si trova nelle vicinanze di Sassari a circa 8 km dalla città in direzione Porto Torres . Si percorre la S.S. 131 un' indicazione in prossimità del sito invita a svoltare. Ppercorso circa 1 km si arriva al sito . Questo ziggurat è conosciuto come "altare prenuragico di Monte d' Accoddi". Il nome di per se non ci dice nulla in merito alle genti che lo hanno costruito. E' un mistero ancora irrisolto. L' attribuzione del nome con cui oggi viene indicato è relativamente recente. Visionando la più antica carta catastale a disposizione degli storici si è potuto costatare che il luogo veniva indicato come Monte de Code che significa Monte di Pietre. Non è che il luogo prima dell' inizio degli scavi fosse realmente un cumulo di pietre. Spuntava qualche pietra qua e la in cima al piccolo colle, la vegetazione la faceva da padrona. Ai piedi del colle vi erano dei massi probabilmente rotolati giù dalla cima. Se oggi abbiamo la possibilità di ammirare questo sito lo dobbiamo ad Antonio Segni. sassarese all' epoca ministro della Pubblica Istruzione appassionato di storia sarda. Gli archeologi cominciavano da tempo a formulare più ipotesi su cosa effettivamente richiudesse quel tumulo di terra. Si ipotizzava perfino che potesse trattarsi di un tumulo che celava una tomba etrusca. Anche il futuro presidente della Repubblica Antonio Segni che tanto a cuore aveva preso le ricerche, ipotizzo che si trattasse di qualcosa di simile ai tumuli presenti nell' Etruria. Si ipotizzo che si trattasse delle rovine ricoperte dalla terra di uno dei tanti nuraghi di cui è costellata la zona . Come detto precedentemente a seguito dell' interessamento di Antonio Segni, verso la fine del 1952 si avvio la prima campagna di scavi. Questa prima campagna di scavi prosegui fino al 1958 e furono curati dall' archeologo Ercole Contu. Già da subito dagli scavi emerse una realtà ben diversa dalle ipotesi fino ad allora formulate. Non si trattava ne di tumulo etrusco, ne di nuraghe, ma bensì di una costruzione unica nel panorama archeologico della Sardegna. In nessun altro luogo dell' isola si riscontrano costruzioni simili. Lo stupore degli archeologi fu enorme. Nessuno avrebbe mai immaginato cosa in realtà si celasse sotto quel cumulo di terra. Si trattava di una costruzione che mai si sarebbero aspettati di trovare in Sardegna. Unica e misteriosa. Alla campagna di scavi effettuate da Ercole Contù dal 1979 al 1989 seguirono alcune campagne di scavi fatte dal prof. Santo Tinè coadiuvato dalla sua equipe. Queste campagne di scavi permisero di dare al sito un' identità più precisa in merito al tipo di costruzione e a chi edifico la costruzione. In quanto al tipo di costruzione si può dire che si tratta di un' altare simile agli ziggurat della Mesopotamia. Dovrebbe essere stato edificato attorno al 2.600-2.700 a.C. molto prima che si iniziassero a costruire i primi nuraghi. Ma come mai una costruzione di quella fattezza fu edificata solo in quel punto del territorio isolano ? A oggi non si hanno riscontri oggettivi di altre costruzioni simili in Sardegna. I nuraghi, le tombe dei giganti, le Domus de Janas, i pozzi sacri sono dislocati in tutto il territorio isolano. Mentre questa costruzione la troviamo solo in questo punto della Sardegna. Ciò che emerse dai primi scavi, è che non si trattava di un nuraghe. Gli archeologi capirono che si trattava di un tipo di costruzione non presente in nessun altro luogo della Sardegna, con uno stile architettonico mai visto prima. Dalla base della costruzione parte una scala lunga 41 mt. e larga alla base nel punto di partenza 7 mt. Alla fine nel punto in cui si raccorda con la parte alta della costruzione è larga 13 mt. Non fu solo questo "ziggurat" sardo a destare sorpresa negli archeologi ma anche la struttura che era "nascosta" all' interno della struttura stessa: una copia più piccola della struttura. Sicuramente per prima venne costruita la struttura più piccola e in seguito si decise di ampliarla e venne costruita la struttura che conosciamo oggi inglobando la costruzione più vecchia. Questa struttura più vecchia non è visibile dall' esterno. Si ipotizza che sia stata distrutta da un incendio, e successivamente ricostruita più grande inglobando la struttura precedente. Il sito è ricchissimo di altre testimonianze.
Menhir |
Cinque menhir, due tavole delle offerte. Numerose Domus de Janas disposte a ventaglio sono presenti nel sito. Ma quale era la funzione dell' altare ? Probabilmente veniva utilizzato per riti e cerimonie di cui non conosciamo la tipologia. Altro interrogativo da porsi è: perché venne costruito questo ziggurat in questo luogo perché non ne furono costruiti altri nell' isola ? Sicuramente il luogo era abitato già molto prima che si costruisse l' altare (3.500-3.000 a.C.. Ne sono prova il menhir e i fondi di capanna rinvenuti attorno al menhir. La presenza del menhir e del villaggio attorno ad esso ci induce a pensare che il luogo fosse ritenuto sacro. In questo sito tutto il materiale rinvenuto è stato studiato dagli archeologi che ne hanno riconosciuto l' appartenenza a varie culture. Le genti che occuparono per primi l' area appartenevano alla Cultura di San Ciriaco (3.500-3.200a.C.). A questa cultura segui la Cultura di Ozieri (3.200-2.900 a.C.). La sovrapposizione di un' abitato con un area di culto segnata da un menhir di calcare squadrato e da una lastra di calcare con dei fori passanti, lo attestano. La data di edificazione dell' altare che viene proposta è 2.700 a.C. (Cultura di Filogosa). Se questa datazione rispecchia la reale datazione di edificazione del sito, e se pensiamo che le prime piramidi egizie furono edificate verso il 2.450a.C.. c' è da rimanere stupiti e indotti a riflessione in merito alle prime civiltà della Sardegna. Il raffronto più significativo che viene fatto è con la ziggurat di Anu e Uruk. Sono state riscontrate tracce seppur sporadiche di una frequentazione in epoca nuragica, fenicio, punica e romana. In una sepoltura situata nell' angolo sud-est dell' altare è stato rinvenuto il cranio brachicefalo di un bambino di 6 anni, sormontato da un vaso tripoide in terracotta. Questa sepoltura si può far risalire alla Cultura di Bonnanaro. La rampa probabilmente serviva al sacerdote o officiante per raggiungere la sommità dell' altare dove veniva celebrato il rito. Interessane
è il lastrone
trapezoidale
disseminato di coppelle
e sostenuto da tre supporti irregolari. Ha sette fori passanti, la cui utilità è
misteriosa. Si ipotizza che potessero esservi legati animali destinati
al sacrificio rituale. Dunque sarebbe stata
una tavola per le offerte? Anche l'inghiottitoio naturale posizionato
inferiormente alla lastra è di incerto significato. Un altro mistero se cosi si può dire è rappresentato dalla grande pietra sferoidale in arenaria, rifinita accuratamente. Si avanza l' ipotesi che essa rappresenti l' Amphalos il centro del mondo secondo gli antichi greci. Probabilmente gli antichi abitanti della Sardegna consideravano il luogo come punto di incontro degli assi del mondo. E' stato rinvenuto nei pressi della sfera un bacile-frantoio sporco di ocra rossa. Sono molti i reperti che sono spuntati fuori durante gli scavi: frammenti di idoletti femminili, che si definiscono di tipo "cicladico" (culto della Dea Madre?), ceramiche, due stele (una in calcare riporta un disegno con losanga e spirali).
Di grande interesse è la capanna a cui gli archeologi hanno dato il nome di "capanna dello Stregone". Forse era lo stregone dell' epoca oppur un alchimista d' altri tempi? Dentro di essa trovavano posto cinque ambienti di forma diversa, è probabile che sia stata abbandonata in tutta fretta forse perché incendiata: sul focolare si trovava ancora un treppiede; e poi c'era una brocca capovolta che conteneva una punta di corno bovino e alcune conchiglie marine bivalve. Sono stati rinvenuti un centinaio di vasi piccoli e grandi, un idoletto femminile, un peso da telaio decorato con dischi pendenti, numerose macine di pietra e altro materiale fittile. E' da supporre che questo altare era un luogo di culto e venerazione che richiamava gente da tutta l' isola. Non è chiaro come mai una costruzione uguale o simile non si trovi in nessuna altra parte della Sardegna. I pozzi sacri del periodo nuragico, che erano dei luoghi di culto sono dislocati in tutto il territorio isolano. Ciò sarebbe dovuto avvenire anche per questo altare se esso faceva parte di una cultura costruttiva tipica isolana. Visto che ciò non è avvenuto è lecito avanzare altre ipotesi. Una ipotesi è che fosse stato importato da altrove. Magari dal Vicino Oriente? E se fosse stato costruito dal mitico popolo del continente perduto descritto da Platone ?. Di sicuro c' è che è una costruzione atipica ed unica nel panorama archeologico della Sardegna. E' un mistero che ancora oggi si cerca di risolvere. Hanno sempre considerato i sardi della preistoria come un popolo di una buia preistoria, isolati dal resto del mondo. Oggi si scopre che erano molto abili in tutte le loro attività, artigiani provetti, che seppellivano i loro morti in tempi ancestrali, denotando quindi una forma di culto che nel resto nella penisola italiana era sconosciuta. Un popolo che era capace di costruire templi come questo. Che era in grado di costruire i nuraghi. Gli antichi sardi, è luogo comune considerarli illetterati, ma anche se non risulta che conoscessero la scrittura, erano capaci di erigere costruzioni come questo altare e i nuraghi. Per quei tempi la edificazione di simili strutture presupponeva conoscenze di tecnica edilizia avanzate. Vi è tanto, ma veramente tanto da conoscere su questo grande popolo.
Pietra sferica Amphalos |
contrappesi in pietra per telaio |